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Inseguendo mille frontiere

Di Massimiliano Sarti, 15 Febbraio 2008

Si confonde con il mito della frontiera canadese la storia del gruppo Fairmont: una ferrovia, la Canadian Pacific, che si fa largo tra laghi ghiacciati, praterie infinite e impenetrabili massicci montuosi; un uomo, William Cornelius Van Horne, che, diventato general manager della compagnia ferroviaria, s’innamora dei paesaggi attraversati dalla strada ferrata; la sua immaginazione visionaria che si trasforma in un’idea simile a una profezia: «Se non possiamo spostare i paesaggi, porteremo qui i turisti».
Sono questi gli ingredienti di un progetto nato 122 anni fa con la costruzione del primo resort nel bel mezzo delle Montagne Rocciose: la Mount Stephen house dell’allora Canadian Pacific hotels. Da più di un secolo a questa parte, naturalmente, molte cose sono cambiate: il brand è cresciuto, prima in Nord America, poi nel resto del mondo. Soprattutto, nel 1999, la Canadian Pacific hotels & resort ha acquistato la proprietà dei Fairmont hotels: una catena, a quel tempo, costituita da sette strutture Usa, che per ragioni di marketing e di appealing internazionale ha portato in dote al gruppo, tra l’altro, proprio il suo nome. Ora i Fairmont sono complessivamente 55, a cui si deve aggiungere un’altra trentina di proprietà controllate con i marchi Raffles e Swissôtel.
Ma la compagnia, che negli ultimi quattro anni ha vissuto una rapida espansione, continua la sua ricerca di nuove frontiere da esplorare e di nuovi mercati da conquistare. «I nostri obiettivi», spiega l’executive director global sales Eame (Europe, Africa, Middle East), Meenaz Lilani, «sono soprattutto al di fuori delle Americhe, dove la nostra presenza è ormai consolidata da tempo. Nei prossimi cinque anni abbiamo così intenzione di aumentare il nostro portafoglio del brand Fairmont di circa il 50%, grazie all’apertura di ulteriori 20-25 hotel. Nonostante il tasso di crescita elevato, siamo tuttavia molto attenti a ponderare scrupolosamente le location e i progetti, perché non vogliamo che i nostri hotel perdano quelle caratteristiche di eleganza e al contempo di affabilità che ci hanno sempre contraddistinto e che costituiscono i principali strumenti di fidelizzazione dei nostri clienti».
Tra le destinazioni oggetto dell’interesse del management del gruppo canadese c’è sicuramente anche l’Europa, dove peraltro la catena già possiede strutture storiche come il Savoy di Londra o il Fairmont Montecarlo. «Proprio questi due hotel sintetizzano perfettamente, nella loro essenza, la filosofia alla base dei nostri progetti di sviluppo futuro», aggiunge, con un’eleganza tutta vittoriana, Lilani, le cui origini multietniche sparse tra l’India e l’isola di Zanzibar tradiscono quanto del fascino imperiale britannico si possa ancora trovare nel concetto di hôtellerie Fairmont. «I nostri alberghi, infatti, fanno parte della storia stessa della comunità a cui appartengono. Luoghi che spesso sono diventati punti di riferimento per le istituzioni locali e internazionali, ma anche spazi d’incontro à la page per gli abitanti del posto».
A conferma dei progetti di espansione del gruppo nel Vecchio continente c’è, poi, il recente insediamento, a Londra, di James Kaplan, con la nuova carica di senior vicepresident per lo sviluppo in Europa, Africa e Medio Oriente. «È però ancora troppo presto per annunciare quali saranno i nostri prossimi passi in quest’area», specifica Lilani. «Quello che posso dire è che siamo interessati alle principali città del continente quali Parigi, Milano, Barcellona e Berlino, così come un occhio di riguardo sarà rivolto ai mercati emergenti dell’Est Europa». Per ora le novità riguardano soprattutto l’Egitto, dove è appena stato aperto al Cairo il Fairmont towers, Heliopolis, nonché Zanzibar e Singapore dove sono stati recentemente inaugurati due nuovi alberghi.
«Ma il mercato europeo», conclude Lilani, «rappresenta un’area dal forte potenziale di espansione anche dal punto di vista della clientela. Se da una parte è infatti vero che dal Nord America arriva il 60-70% dei nostri ospiti, è altrettanto vero che il numero di viaggiatori provenienti dal Vecchio continente sta notevolmente aumentando. Nostro compito, in questo momento, è quello di migliorare la riconoscibilità e la visibilità del brand sul mercato europeo. Una recente indagine, per esempio, ci ha rivelato come in Italia, da cui proviene il 5% dei nostri clienti, siamo conosciuti solamente dal 15% del nostro potenziale mercato di riferimento. Ed è proprio per potenziare la nostra presenza in questo paese, che abbiamo recentemente aperto a Milano un ufficio vendite sotto la guida di Lucia Vimercati».

Il destino del Savoy

Come è noto, il Savoy hotel di Londra, ora parte del gruppo Fairmont, sta andando incontro a un’intensa opera di ristrutturazione: la conclusione dei lavori è prevista per il 2009. L’investimento nel progetto di restyling è stimato attorno ai 100 milioni di sterline ed è stato affidato all’architetto Pierre-Yves Rochon, già celebre per la sua esperienza nell’hôtellerie di lusso internazionale.
Qualcuno è tuttavia preoccupato che questa vera e propria icona londinese possa, in qualche modo, perdere il suo antico fascino. La tranquilla risposta di Meenaz Lilani sembra però fugare ogni dubbio: «Abbiamo tutte le intenzioni di mantenere l’atmosfera edoardiana e art déco della struttura in ogni più piccolo particolare. Anche la celebre asta degli oggetti storici dell’albergo ha riguardato solo alcune suppellettili marginali dell’albergo come, per esempio, la sedia di Marilyn Monroe. Articoli, insomma, che non sarebbero comunque più stati utilizzati. Renderemo, invece, il luogo ancora più esclusivo, grazie anche alla progettata realizzazione di quella che, con ogni probabilità, sarà la più grande presidential suite di Londra. Inoltre abbiamo intenzione di migliorare e ampliare il panorama sul fiume londinese delle camere vista Tamigi. Ripristineremo persino l’usanza di Casper the cat, scaramantico quattordicesimo convitato in tutte le tavole con 13 commensali».

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