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Industria dell’ospitalità ed arredamento

Di Antonio Caneva, 19 Aprile 2002

Si sono svolte a Milano dal 10 al 15 aprile il Salone Internazionale del mobile e le manifestazioni collaterali tra cui, quest’anno per la prima volta, il GrandHotelSalone. Sinora era prerogativa delle fiere specializzate nelle attrezzature, quale il Tecnhotel di Genova o l’ExpoTour di Milano, presentare agli operatori del settore dell’ospitalità le soluzioni arredative più attuali ed idonee e quindi ha suscitato interesse la notizia che anche nel Salone del mobile si sia sviluppata una apertura per il settore dell’ospitalità. Con una certa curiosità ho visitato la manifestazione chiedendomi cosa di nuovo potesse essere proposto rispetto all’attuale offerta, peraltro abbastanza ripetitiva, suddivisibile in tre grandi filoni: gli alberghi carta carbone (in qualunque città gli stessi ), i classici (più o meno lussuosi, comunque con connotazioni costanti, tendenti a tranquillizzare) e quelli di tendenza / design, in cui le motivazioni vanno individuate soprattutto nella moda. Le ragioni del GrandHotelSalone, curato da Adam D. Tihani, sono la consapevolezza che l’arredamento made in Italy può costituire una importante risorsa per lo sviluppo dell’industria del contract e dei luoghi collettivi e quindi vuole essere una proposta innovativa. L’idea più interessante mi sembra sia stata quella di chiedere a dieci architetti di chiara fama di progettare altrettante camere ambientate in città dei cinque continenti e di esprimere così la propria visione di una grande città attraverso la camera d’albergo del futuro. Sarà rimasto deluso il visitatore della mostra recatosi con l’intendimento di utilizzare poi i progetti proposti per arredare il proprio albergo: dovrà continuare ad utilizzare il proprio architetto perché le soluzioni presentate vanno vissute come sollecitazioni e stimoli culturali; a riprova di questo concetto il progetto meno interessante è stato proprio quello più direttamente utilizzabile, ambientato a Londra, di Vico Magistretti, grande firma del design italiano Le città di riferimento, cui gli architetti dovevano rapportarsi nel disegnare le camere, erano Berlino, Hong Kong, Londra, Mexico City, Mosca, New York, Parigi, Roma, Sydney, Tokyo. Vissute nella realizzazione, ognuna con il proprio profumo ed interpretate con sensibilità dagli autori, mi è piaciuta maggiormente quella relativa a Berlino, disegnata dal messicano Logorreta, padre e figlio, che dilata le superfici in un gioco di trasparenze. Una manifestazione positiva di cui attendiamo la conferma nella prossima edizione.

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