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In equilibrio tra gusto e salute

La ricerca di chef Niko Romito per una carne al contempo ricca di proteine e piacevole al palato

La ricerca di chef Niko Romito per una carne al contempo ricca di proteine e piacevole al palato

Di Massimiliano Sarti, 12 Febbraio 2015

Ogni materia prima ha una microstruttura interna costituita dai propri elementi nutrizionali. Cucinare significa trasformare tali elementi. Avere la piena consapevolezza dei processi così innescati vuol dire salvaguardare al massimo la materia. Parte da questi semplici ma rigorosi assiomi l’intervento di Niko Romito a Identità Golose 2015: la kermesse meneghina dedicata all’alta gastronomia giunta ormai alla sua undicesima edizione. Lo chef abruzzese del Reale di Castel di Sangro intende fare chiarezza: «Spesso in occasioni come queste si porta un piatto simbolo dei concetti che si vogliono esprimere. Altrettanto frequentemente, tuttavia, la ricetta si trasforma da mezzo a fine e si perde la visione complessiva di quello che si vuole raccontare. Ho perciò deciso di parlare di tecnica, perché mi sembra un utile contributo a sgombrare la cortina mediatica che oggi pesa sulla materia cibo».
Chiaro, semplice e al contempo dai toni quasi accademici, Niko Romito racconta così della sua opera di ricerca e sperimentazione sulla carne, da alchimista esperto di sostanze e sapori. La sua idea? Trovare la pietra filosofale del food, in grado di coniugare salute e gusto. Una ricerca che vede crescere il numero dei propri adepti, come ben dimostra l’iniziativa della Cucina dei Senza di Marcello Coronini, di cui abbiamo parlato ampiamente sullo scorso numero di Job in Tourism. Ma anche perfettamente in linea con il tema dell’edizione 2015 di Identità Golose: la Sana intelligenza riprende il filo del discorso dal punto in cui era stato lasciato l’anno scorso con la Golosa intelligenza. L’obiettivo, dichiara l’organizzazione, è quello di declinare il crescente bisogno di cucina buona, sana e sostenibile, nella prospettiva di Expo e del suo tema portante «Nutrire il pianeta, energia per la vita».
Ma torniamo a Niko Romito e alla sua ricerca: il grande valore della carne, nell’alimentazione umana, è rappresentato soprattutto dal suo elevato contenuto di proteine. Queste non solo costituiscono una percentuale rilevante del nostro peso corporeo, ma sono anche la nostra unica fonte alimentare di azoto. «Cuocere la carne», spiega Romito, «significa però denaturare le proteine».
Ecco allora la necessità di sviluppare una tecnica in grado di garantire ottime preparazioni, riducendo al minimo il processo di denaturazione. Il punto di partenza è quindi costituito dal Gastrovac: un apparecchio per cucinare sottovuoto, frutto di un progetto congiunto tra l’università Politecnica di Valencia e alcuni chef spagnoli. Con l’ausilio di tale strumento lo chef abruzzese ha così lavorato su tre variabili fondamentali: le temperature, il grado di permeabilità della carne e la pressione. «Per noi cuochi», racconta Romito, «le due proteine fondamentali, da tenere sempre sotto controllo, sono la miosina, che incide sulla consistenza della materia prima e la miogoblina, che ha effetti invece sul suo colore».
A partire da tali presupposti, la temperatura ideale di cottura, che consente di limitare la destrutturazione della carne e di preservarne in massima parte il colore naturale, si situa su un piano compreso tra i 50 e i 60 gradi. A questi livelli di calore, tuttavia, la permeabilità della materia prima è particolarmente elevata. Per evitare di perdere gran parte dell’acqua ivi contenuta, Romito suggerisce quindi di cuocere la carne nell’olio extravergine, in modo da sfruttare le differenze di densità tra i diversi liquidi e trattenere così gli umori stessi della materia prima.
Ma la criticità forse più difficile da affrontare è quella relativa alle consistenze: «In tema di cotture sottovuoto a basse temperature, ho sentito tante volte dire che il risultato finale è spesso tanto buono quanto omologato al morso. Come fare, mi sono quindi chiesto, per ottenere una struttura importante al palato?». La risposta sta nel gioco delle pressioni: «Tutti sanno che in montagna, dove l’aria è più leggera, l’acqua bolle a temperatura più basse di quanto avviene in pianura», riprende Romito. «Allo stesso modo, ho quindi ridotto la pressione nella pentola di cottura, raggiungendo livelli tanto bassi da permettere l’ebollizione dei liquidi della carne. Sono così riuscito a creare un movimento di energia tale da garantire un prodotto meno cedevole al morso, con una consistenza decisamente migliore rispetto a quella normalmente ottenibile nelle classiche cotture sottovuoto».
La formula di Romito, ridotta alla sua estrema sintesi, è quindi semplice: olio extravergine portato a 54 gradi, una pressione di -0,8 bar e un tempo di cottura di 75 minuti. «Le prospettive di sviluppo, però, sono enormi», conclude Romito. «Io finora ho lavorato sulla carne, ma è chiaro che la stessa tecnica è potenzialmente estendibile a tutti gli alimenti ricchi di proteine». Il lavoro è solo all’inizio, ma l’idea è ambiziosa: «Protocollare modalità di cottura capaci di trovare il corretto punto di equilibrio tra gusto e salute».

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