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In difesa delle crociere

Il mercato non cambierà le proprie preferenze

Il mercato non cambierà le proprie preferenze

Di Francesco Cesare, 10 Febbraio 2012

A qualche giorno dalla tragedia della Costa Concordia, e assorbite, almeno parzialmente, le comprensibili reazioni emotive, vale la pena di fare un po’ di chiarezza attorno al prodotto crociera. Come gli addetti ai lavori sanno, la crociera è l’unico, tra i prodotti turistici, a non aver conosciuto battute d’arresto in un percorso di crescita, nelle vendite e nei consensi, partito, quantomeno in America, a fine anni 1960 e sviluppatosi nei decenni successivi grazie al lavoro e all’investimento di compagnie e gruppi crocieristici, di aziende portuali, di cantieri, e di altre realtà, il cui impegno è essenziale nella costruzione del prodotto stesso.
Se tra le ragioni di tale successo figurano, senza ombra di dubbio, una serie di indovinate scelte di marketing da parte delle compagnie, va annoverata tra esse anche la sicurezza che questi grandi impianti di navigazione («giganti del mare» è sempre più frequente sentirli definire) hanno saputo garantire. E a dimostrazione di ciò, vi sono numeri e statistiche che non lasciano spazio a dubbi: negli ultimi anni l’episodio più tragico ha visto protagonista la Bulgaria, una piccola e vecchia imbarcazione fluviale, pertanto ben lontana dalle caratteristiche e dagli standard delle moderne navi da crociera, che nel luglio 2011 è affondata lungo il Volga durante un temporale, con un bilancio di 116 vittime sui 208 presenti a bordo (sembra peraltro che la nave non fosse più autorizzata al trasporto passeggeri); tra le grandi, invece, vi è il caso della Sea Diamond della Louis Cruise Line, che il 6 aprile 2007 è affondata a Santorini, dopo aver speronato uno scoglio ed essersi incendiata, con un bilancio di due vittime; nel 1999 la Sun Vista della compagnia Sun Cruise prese fuoco e affondò nello stretto di Malamacca, in Indonesia, ma nessuna delle oltre mille persone a bordo perse la vita; nel 1994 l’Achille Lauro si incendiò e affondò al largo delle coste somale e persero la vita due crocieristi; poi vi sono casi di navi affondate senza la presenza di passeggeri e senza vittime, al punto da ingenerare dubbi sulle cause degli incidenti per via delle ricche polizze assicurative e delle condizioni economiche nelle quali versavano gli armatori protagonisti di questi episodi.
Secondo una recente nota pubblicata dagli analisti di Gp Wild, dal 2005 al 2011 sono state 16 le morti addebitabili a incidenti capitati a navi da crociera regolarmente autorizzate a svolgere questo tipo di attività, su un totale di oltre 98 milioni di passeggeri trasportati nello stesso periodo. Il rispetto di anche solo una vita umana renderebbe fuori luogo confronti con casistiche e report relativi ad altri mezzi di trasporto utilizzati anche per turismo (dall’aereo al treno fino agli autobus), ma è fin troppo evidente che qualsiasi attribuzione alla nave da crociera di una caratteristica di pericolosità è fuori da ogni logica.
La produzione e il turismo crocieristici rappresentano, per il nostro paese, una grandissima risorsa. Solo chi non conosce questi fenomeni può pensare di affermare il contrario. I numeri presentati da Risposte Turismo, nel corso dell´Italian Cruise Day dello scorso 28 ottobre a Venezia, testimoniano, infatti, una vitalità senza pari, che deve essere considerata un vanto e un motore di crescita per l’Italia: nel 2011, nei porti della penisola interessati da traffico crocieristico, sono transitati più di 11 milioni di passeggeri, con un incremento del 17% circa sull’anno precedente; in un confronto europeo riferito al 2010, l’Italia è nettamente il primo paese per gli imbarchi, con il 35% del totale continentale.
Qualcuno obietta che tali numeri avvantaggino esclusivamente le compagnie di crociera, che con le loro politiche cercano di trattenere a proprio beneficio una quota pressoché totale del volume di spesa dei crocieristi, che per le località interessate dagli itinerari diventerebbero unicamente un peso da sopportare. Ma se da un lato va senza dubbio riconosciuto che tra le questioni da affrontare in futuro, per garantire ulteriore sviluppo al settore, figura la ricerca di un più funzionale equilibrio costi-benefici tra compagnie, porti e territori, dall’altro è ancora una volta incontrovertibile, e numerosi sono gli studi che lo dimostrano, come i crocieristi, sebbene con non poche differenze all’interno, lascino ricchezza nelle località inserite negli itinerari, contribuendo a generare ricadute dirette, indirette e indotte per i sistemi economici locali. E a tale vantaggio va aggiunto quello promozionale, determinato dall’incontro tra destinazioni e crocieristi, che possono essi stessi scegliere di visitarle nuovamente in un futuro, questa volta magari non per forza come crocierista, o consigliarne la visita ad altri.
Va infine ribadito come la crocieristica sia, prima ancora che turismo, produzione, e pertanto si andrebbe a contemplare solo una dimensione dell’intero fenomeno se ci si limitasse ai dati sul traffico nei porti e sulla spesa sostenuta dai passeggeri nel territorio: cantieri, agenzie marittime, società di escursioni, compagnie aeree, agenzie viaggi, tour operator e società di catering rappresentano una parte di un lungo elenco di altre attività solo apparentemente scollegate dalla produzione crocieristica. La crociera, come forma di vacanza, e l’industria che le è alle spalle, hanno inoltre dimostrato di sapere reggere a tutte le sfide economiche-congiunturali degli ultimi 40 anni: dalla guerra del Golfo agli attentati dell’11 settembre, dai conflitti nella ex Jugoslavia alla crisi economica mondiale. Da questi precedenti può essere perciò ricavato un ragionevole ottimismo sul percorso che la produzione e il turismo crocieristici in Italia effettueranno da qui ai prossimi mesi, puntando a risultati che potranno essere raggiunti, ancora una volta, con l’impegno da parte di tutti gli operatori e il consenso e la fiducia da parte di un mercato che non può, e siamo convinti non lo farà, cambiare abitudini e preferenze per via di un grave fatto di cronaca.

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