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Il Passito, che passione

Di Claudio Buttura, 27 Luglio 2007

Chi non ha voluto mancare alla serata che Aira Lombardia, in collaborazione con l’Amira, ha pensato di dedicare lunedì 11 giugno all’uva Zibibbo dell’isola di Pantelleria, l’antica Kóssyra, ha sicuramente apprezzato l’atmosfera di confidenziale armonia venutasi a creare durante e dopo la relazione sul tema «Passito. Che passione!!!» tenuta da Salvatore Valenza, titolare dell’omonima azienda agricola isolana, coadiuvato dal cancelliere Mario Petrucci, presso l’Enterprise hotel di Milano.
Un vero e proprio viaggio che ha preso le mosse dal cuore caldo del Mediterraneo per approdare, in circa tre ore di piacevole volo virtuale, dopo aver sorvolato le suggestive cuddìe (colline) dell’isola di Pantelleria, sulla banchisa polare dell’Artico canadese dove (ne farò cenno più avanti) ci si imbatterà in una piccola comunità di cui poco si parla.
Scelta precisa, dettata dalla convinzione che i forti contrasti, contribuendo ad accentuare nell’essere umano le percezioni interiori, siano in grado di suscitare la necessaria attenzione e stimolare il risveglio della coscienza individuale e collettiva dal rassegnato torpore che l’odiosa omologazione in atto nel mondo vorrebbe imporre come ineluttabile.
Si deve alla vasta cultura enogastronomica del simpatico anfitrione Mario Petrucci, alla verve che egli ha saputo abilmente veicolare tra il pubblico, e al gran cuore di Salvatore Valenza, padre del Passito di Pantelleria protagonista della serata, l’ottima riuscita di questa nuova proposta, confezionata da Aira nell’ambito dell’ormai noto percorso «Incontri e formazione» con Solidus, i professionisti dell’ospitalità italiana, uniti per contare di più.
Uomo di accentuata sensibilità, ormai desueta nell’attuale panorama sociale, custodita direi con pudore sotto la ruvida scorza di chi è solito dare del tu al mare, alla terra, al vento, Salvatore Valenza ci ha svelato il proprio pensiero e l’incanto racchiuso nelle sue straordinarie bottiglie, rivendicando con estrema franchezza i propri indiscutibili meriti d’eccellente produttore accanto a una altrettanto fiera identità isolana.
L’intensa serata è stata caratterizzata anche dall’esposizione in sala di alcune preziose, assai significative sculture in steatite nera e in osso di balena, opera di celebrati artisti Inuit, portate dall’illustre e graditissima ospite Anna Molinari, già promotrice dell’arte Inuit in Italia. Un tempo chiamati Esquimesi, mangiatori di carne cruda (termine attribuito loro con intento dispregiativo, attualmente in disuso e sostituito dalla parola Inuit, a indicare la genuina natura de «gli uomini»), dopo anni di strenuo impegno essi vedono oggi riconosciuti dal governo canadese il sacrosanto diritto (che è di ogni popolo) all’autodeterminazione; oltre alla propria dignità, calpestata per decenni, di minoranza che da circa 4 mila anni popola gli eburnei, algidi territori di nordovest.
È dunque sulla sconfinata banchisa polare dell’Oceano Artico che abbiamo voluto si concludesse questo fantastico viaggio dell’Associazione impiegati d’albergo, intrapreso in precedenza sulle assolate coste mediterranee, alla ricerca di testimonianze antiche e pur attualissime.

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