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Il mio sogno? un viaggio negli Usa

Di Floriana Lipparini, 19 Marzo 2004

“È stata un’esperienza fantastica”. Entusiasmo e passione traspaiono dalle parole di Pasquale Bono, quando ricorda il suo prestigioso quinto posto nella gara internazionale di alta cucina “Prix Taittinger”, svoltasi lo scorso dicembre all’Hotel Concorde La Fayette di Parigi.
Assente da alcuni anni da questo importante appuntamento, grazie al giovane chef salentino la Federazione italiana cuochi si è assicurata la giusta visibilità in una gara tuttora molto legata alla tradizione e ai gusti francesi. Francesi, difatti, erano tre finalisti su dieci, mentre altri sei provenivano da vari paesi europei e il settimo dal Giappone.
Scelti in base a rigorose eliminatorie nazionali, i finalisti del Prix Taittinger rappresentano il fior fiore dei nuovi talenti, che si sfidano in un emozionante confronto professionale ad alto livello.
“Tutto l’iter della gara è stato magnifico”, conferma Bono. “La perfetta accoglienza dell’organizzazione, il clima di simpatia e d’amicizia che si è creato tra i concorrenti, l’atmosfera che si respira al Concorde hotel… “.
Ha vinto lo chef francese, al secondo posto si è classificato lo chef inglese e al terzo il giapponese. Ma il nostro bravissimo Pasquale non si è aggiudicato soltanto un importante quinto posto, è stato anche particolarmente lodato ed elogiato dall’organizzazione e dalla giuria.
Com’è noto, ogni anno i finalisti del Prix Taittinger devono misurarsi con un piatto a tema estratto fra tre possibili alternative. Il giorno precedente la gara, ogni chef può scegliere da appositi panieri gli ingredienti necessari alla ricetta da preparare, che vengono messi da parte a suo nome. “Dopo la cena collettiva in cui ci si conosce e si familiarizza tra colleghi, è il momento in cui tutti gli estranei devono andarsene e praticamente si entra in ritiro, una specie di conclave. La mattina dopo sveglia alle cinque, e si comincia a lavorare aiutati da un commis estratto a sorte, così come l’ordine di entrata”.
Il piatto preparato da Pasquale Bono era sontuoso: due orate da un chilo e mezzo ciascuna, farcite con funghi porcini, capesante e scampi, avvolte in crosta di pane e accompagnate con salsa Escoffier e vol-au-vent farciti di 22 centimetri di diametro. Nel suo nativo Salento, la cucina di pesce vanta gloriose tradizioni, e Pasquale ne è particolarmente esperto.
“La mia cucina si basa sulle tradizioni della mia terra riviste con creatività e un tocco di fantasia, soprattutto nell’estetica della presentazione che dev’essere invitante al primo sguardo, ma sempre nella genuinità e nella semplicità. Ho una vera passione per la ricerca, desidero sempre aggiornarmi e innovare, perché per me la cucina è anche un fatto di cultura, ma alcune regole vanno rispettate. I clienti hanno il diritto di capire cosa c’è nel piatto, di riconoscere gli ingredienti… Ho seguito numerosi stage con grandissimi chef per perfezionarmi in ogni aspetto del lavoro, ma confesso che con Ferran Adriá ho avuto qualche difficoltà. Proprio non riuscivo a capire che cosa preparasse: no grazie, per i miei gusti questo grande maestro catalano è troppo complicato”.
Già vincitore di numerosi premi in gare nazionali e internazionali, e ricco di numerose esperienze professionali presso ristoranti e alberghi di prestigio, dalla Corte dei Butteri di Grosseto alle Due lanterne di Gallipoli, dall’hotel Ritz di Saint Moritz all’hotel Cala del porto di Punta Ala, da quando si è sposato Pasquale Bono è felicemente tornato nella sua terra come executive chef del Centro turistico Antica Rudiae di S. Pietro in Lama, un complesso di 16 ettari immerso nel verde, tra palme e ulivi secolari, accanto al parco archeologico. Un grande centro con sale per banchetti e congressi fino a mille persone.
Dopo la grandissima soddisfazione del Taittinger, quale altro sogno può avere il bravo Pasquale? “Mi piacerebbe tanto andare negli Usa, vedere come lavorano, qual è la loro mentalità. Ho già girato parecchio in Europa, ma mi mancano gli Usa, una nuova avventura che mi attira molto”.

La ricetta
Giambonetto di agnello farcito al pecorino e cardoncelli con purea di fave secche e cicorielle di campo

Ingredienti per 4 persone
4 costolette di agnello; funghi cardoncelli freschi 0,2 kg; formaggio pecorino 0,1 kg; cicorie di campagna 0,5 kg; fave secche 0,2 kg; 100 pomodori maturi; olio d’oliva 0,3 kg; vino bianco 0,5 lt; patate 0,3 kg; cipolla 100 gr; uno spicchio d’aglio; un rametto di timo fresco; sale e pepe qb.

Procedimento
Lavare e pulire i funghi carboncelli e tagliarli in piccoli cubetti. In una padella far imbiondire mezza cipolla e uno spicchio d’aglio tritato, versare i funghi portandoli a cottura. In una pentola versare le fave secche, le patate pulite e tagliate a tocchetti e coprire il tutto con acqua fredda e cuocere per 40 minuti circa. Passare il tutt al glitter, insaporire con sale e pepe e mantecare con olio d’oliva extravergine. Pulire e lavare accuratamente le cicorielle di campagna e cuocerle in abbondante acqua salata. Preparare quattro falde di pomodoro confit nel modo classico, allargare le costolette d’agnello con il batticarne, insaporirle con sale, pepe e timo fresco, un cucchiaio di carboncelli cotti e una spolverata di formaggio pecorino grattugiato. Avvolgere la costoletta su se stessa, intorno all’osso, legandola con un po’ di spago da cucina, infarinare il giambonetto così ottenuto fermandolo in padella con un goccio d’olio, bagnare con il vino bianco e continuare la cottura in forno. Mettere al centro del piatto un po’ di purea di fave e una forchettata di cicoriella cotta, adagiarvi il giambonetto, la falda di pomodoro e il rametto di timo fresco. Irrorare con il fondo di cottura dell’agnello e alcune gocce di olio d’oliva.

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