Presentiamo, a partire da questo numero, un interessante manuale di bon ton elaborato da Simone Giorgi, executive assistant manager del Park Hyatt Hotel di Milano. Giorgi, con la sua esperienza di lavoro vissuta sempre nell’ambito di strutture di alto prestigio, è molto attento alle regole della professione, alle buone pratiche e alla comunicazione. Questo contributo è un utile strumento per tutti coloro che sentono l’esigenza di perfezionare il proprio know how e puntano alla qualità. In questa prima puntata vengono illustrate le premesse e le prime basi di un codice dell’ospitalità improntato, appunto, al galateo.
«Invitare qualcuno è (lo stesso che) incaricarsi della sua felicità per tutto il tempo che dimora sotto il vostro tetto» (Anthèlme Brillat-Savarin).
Ospite
1. La persona che accoglie temporaneamente uno o più altri nella propria casa, anche solo nell’occasione di una visita o di un trattenimento.
2. La persona che gode dell’ospitalità o si trova, come invitato, in casa d’altri.
Dal latino hospes -itis, presumibilmente da un più antico hostipotis, la cui etimologia risale a hostis (straniero) per il primo elemento, mentre per il secondo è incerta fra potis (colui che può, potente) e la radice del verbo petere, in questo caso nel senso di tendere verso qualcuno, accogliere.
Ospitalità
La possibilità offerta a qualcuno di alloggiare o di risiedere temporaneamente in un luogo, diverso dalla propria casa o dal proprio paese, specialmente in quanto manifestazione di generosità, cortesia o benevola tolleranza.
Dal latino hospitalitas -atis, da hospitalis (ospitale).
Ospitale
Cortesemente affabile e premuroso nei confronti degli ospiti. In grado di offrire un piacevole soggiorno. Accogliente, ameno, riposante.
Dal latino hospitalis, da hospes -itis (ospite).
Anfitrione
Il padrone di casa in quanto ospita e intrattiene i convitati.
Da Amphitryon, nome del protagonista (ospite generoso e liberale) della commedia di Molière (1622-1673), derivata dall’omonima opera di Plauto.
Introduzione
Ospite. In molte lingue, la medesima parola designa al tempo stesso chi riceve e chi è ricevuto, host e guest. Oggi più che mai occorre ripensare l’ospitalità. In passato l’host era al centro del palcoscenico, mentre il guest un semplice spettatore (per esempio, il Ritz Paris). Ai giorni nostri è l’host a dover adattarsi alle esigenze del guest (e non il contrario), che esige di essere ricevuto come protagonista e non come cliente. È quindi necessario imporre servizi che vadano oltre le sue aspettative: esperienze memorabili, non solo prezzi.
Nell’hôtellerie di alta gamma si sta affermando una nuova scuola di pensiero: non più personale di servizio irrigidito in ruoli standard vecchio stile. Molto meglio un comportamento naturale e garbato e la capacità di entrare in relazione autentica con le persone. Non c’è scuola che tenga, è l’elemento umano che conta: si deve saper sorridere, stare con i clienti, parlare, comunicare.
Alla base di questi rapporti, è bene sapere che esiste un insieme di norme comportamentali, regole invisibili che il guest deve padroneggiare. Paul Watzlavick formula la tesi che «non si può non comunicare»: noi siamo costretti a comunicare sempre e l’intero nostro comportamento ha valore di messaggio, per cui, al limite, anche il silenzio diviene una forma di comunicazione. Ma non occorre solo imparare le regole: è necessaria anche un po’ di intelligenza sociale per cavarsela con disinvoltura ed eleganza nelle situazioni più inconsuete o imprevedibili, perché le regole hanno il loro senso soltanto se le si sa adattare caso per caso, in modo da non apparire né ridicoli né goffi, impacciati o anacronistici.
1.1 Il galateo
Con il termine galateo ci si riferisce al complesso delle regole per comportarsi convenientemente e dignitosamente nei rapporti sociali (sinonimi: educazione, etichetta, buona creanza, buone maniere, bon ton). Il termine deriva dal nome di Galateo (Galeazzo) Florimonte (1503-1556), vescovo di Sessa, che diede l’idea a Monsignor (Giovanni) della Casa (1503-1556), ecclesiastico e letterato, di scrivere il libro Galateo ovvero de’ costumi (sec. XVI), storica opera didattica e testo di riferimento per l’uso delle buone maniere che fin dalla pubblicazione godette di grande successo.
Trattato nel quale, sotto la persona d’un vecchio idiota
ammaestrante un suo giovanetto, si ragiona
de’ modi che si debbono o tenere o schifare
nella comune conversazione, cognominato
Galateo overo de’ costumi
(titolo completo)
1.2 Ieri e oggi
Nel Galateo overo de’ costumi vengono esposte norme sul modo di vestirsi e sono enumerati tutti i gesti e le cose spiacevoli da evitarsi. Sono riprovati lo scherno, la beffa, la parola che morde e offende; si suggeriscono i modi del parlare, si consigliano i vocaboli da usare e quelli da evitare. Insomma, biasimando ogni eccesso, l’autore incarna il culto della proporzione proprio del Rinascimento.
Ancora oggi viene considerata la bibbia del bon ton e in molti siti si può scaricare anche gratuitamente (www.wikipedia.org), ma gli eventi storici, la tecnologia e le scoperte scientifiche influenzano la nostra vita e anche i dettami della buona educazione.
Per esempio, una volta non si conoscevano i danni derivanti dal fumo passivo, ma ora ne siamo tutti coscienti: perciò, al giorno d’oggi, solo una persona maleducata accenderà una sigaretta senza chiedervi l’autorizzazione, specialmente in presenza di bambini.
Il galateo tradizionale oggi è un anacronismo. Il nuovo galateo suggerisce di sostituire buonsenso, spontaneità, elasticità, umorismo a quelle rigide e ormai logore sovrastrutture convenzionali che intralciano, invece di agevolare i rapporti umani. Armonia e semplicità sono i segni distintivi del lusso contemporaneo e di un’eleganza raffinata. Il galateo inteso tradizionalmente era una guida al modo di apparire, però le buone maniere non devono essere soltanto una patina, una maschera da indossare, ma una qualità dell’individuo, un modo di essere.
1.3 L’indispensabile
«Signori si nasce» anche se, volendo e studiando, si può diventare. Riportiamo ora un’elencazione di cose che non si può non sapere, una lezione di savoir faire che è utile tenere a mente.
1.3.1 Il posto giusto di cose e persone
Destra. Dalla posizione che occupano due persone o cose può risultare immediatamente visibile quale delle due sia la più importante. È sufficiente sistemarle secondo la seguente, semplicissima regola: il primo tra due soggetti-oggetti omogenei deve avere la parte destra libera. Per quanto strano possa sembrare, ciò discende dalla possibilità, nei tempi antichi, di poter estrarre più rapidamente la spada in caso di pericolo. È quasi superfluo ricordare che tra uomo e donna (se nessuno dei due riveste cariche particolari, nel qual caso occorre una valutazione più attenta), la donna precede.
Centro. La stessa logica vale quando si debbono sistemare tre o più cose dispari: la più importante sta al centro, in posizione protetta, poi viene quella alla sua destra, quindi quella alla sua sinistra (si va avanti così, con procedere alternato, fino all’infinito: il numero 4 alla destra del 2, il 5 alla sinistra del 3 e così via).
Passaggio. Quanto si è detto vale sia per soggetti fermi sia in movimento; in questo secondo caso, però, se non si può procedere affiancati (è indispensabile passare attraverso una porta stretta, per esempio), il più importante passa per primo e gli altri seguono. Entrando in un locale pubblico, specialmente se poco conosciuto, una signora dovrebbe essere preceduta, per controllare che il luogo sia adeguato. Scendendo le scale, invece, il più importante segue.
1.3.2 Incontrandosi
Si presenta il meno importante al più importante, stringendo la mano con un minimo di vigore, evitando di afferrare la mano della persona che vi viene presentata con due mani per sembrare più calorosi (è un eccesso di confidenza). La mano dovrebbe sempre porgerla il più importante al meno importante.
Quanto ai baciamano, vanno benissimo, ma trattandosi di un gesto che volge verso la desuetudine, o li si sa fare con necessaria nonchalance (come minimo: non alle giovanissime, diciamo fino ai 22-24 anni, non all’aperto, mai su mani guantate), oppure il rischio di sembrare fuori posto è elevato.
(segue nel prossimo numero)
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