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I general manager tra ripartenza e resilienza

I cambiamenti e le sfide post-pandemia per il settore secondo il direttore dell’Hotel Principe di Savoia di Milano, a capo della sezione italiana di EHMA, Ezio A.Indiani

I cambiamenti e le sfide post-pandemia per il settore secondo il direttore dell’Hotel Principe di Savoia di

Di Silvia De Bernardin, 30 Giugno 2022

Dal 2005 è direttore di uno degli alberghi più prestigiosi e noti di Milano, l’Hotel Principe di Savoia, è stato a capo dell’EHMA – l’associazione che riunisce gli hotel manager europei – negli anni di fuoco della pandemia e oggi ne guida la sezione italiana, la più numeroso d’Europa. Nei giorni scorsi Ezio A. Indiani – professionisti tra i più noti dell’ospitalità italiana – ha ottenuto l’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. In questa intervista, ci racconta come sta cambiando, nel post-pandemia, la figura del general manager d’hotel e quali sono le nuove sfide che attendono l’hôtellerie, a partire proprio dalle rinnovate responsabilità nelle mani di chi ne è a capo.

Domanda. Direttore, ai primi di giugno il chapter italiano dell’EHMA è tornato a riunirsi in presenza a Napoli: qual è oggi il sentiment dei manager italiani dell’ospitalità?
Risposta. Siamo tutti felici di tornare verso la normalità. Il sentiment è di grande positività perché stiamo vedendo un ritorno importante dei clienti nei nostri alberghi: sta riprendendo il congressuale, molti americani stanno viaggiando, molti si stanno dirigendo verso le nostre destinazioni turistiche dal Medio Oriente. È un momento molto buono e siamo sicuri, dalle prenotazioni che abbiamo in essere, che anche tutto l’autunno sarà molto positivo. Questo è quello che sta accadendo in Italia, ma anche parlando coi colleghi europei c’è la stessa contentezza per la ripresa dei flussi di turistici che auspicavamo da tempo.

D. Lei ha guidato l’EHMA nel periodo difficilissimo della pandemia: che anni sono stati?
R. Sono stati anni oggettivamente difficili perché non avevamo contatti personali e veniva a mancare il valore aggiunto proprio dell’associazione, che è quello di confrontarsi con i colleghi di tutta Europa. È stato difficile superare questo ostacolo, lo abbiamo fatto cercando di riempire quegli anni con una serie di attività importanti che, pur mancando il contatto umano e personale, hanno permesso all’EHMA di prosperare, come i corsi educativi con l’École Hôtelière di Losanna e l’aggiornamento professionale sulle nuove tecnologie e su come far fronte ai momenti difficili nelle varie aree operative dell’albergo. Abbiamo scritto a tutti i primi ministri e al presidente della Commissione europea per denunciare le criticità che il mondo alberghiero stava vivendo, chiedendo aiuti e ottenendo risposte sia sui ristori economici che sulle misure a tutela dei nostri dipendenti, che sono il valore più grande di un hotel.

D. Qualche strascico, però, c’è. Guardiamo, per esempio, al tema del personale. Con EHMA avete lanciato un progetto di supporto psicologico, perché?
R. È un programma che è nato in Scozia da un nostro socio, Marco Truffelli, in collaborazione con la psicologa Jan Ferris. È vero, moltissimo del nostro personale sta avendo serie difficoltà con il ritorno al lavoro: il Covid ha avuto un effetto pesante sulla salute mentale dei nostri lavoratori aumentando notevolmente la pressione sui singoli, sui team, sui manager che erano sotto stress già prima. È un problema che si avverte in tutto il mondo, non solo in Italia e in Europa, anche i colleghi americani ci dicono di vivere la stessa situazione. Per questo, abbiamo voluto mettere a disposizione questo programma, che è rivolto a tutti ma è particolarmente indicato per gli alberghi più grandi e strutturati, che aiuta i dipendenti a superare le difficoltà psicologiche che hanno riscontrato negli anni di pandemia incoraggiando la resilienza psicologica dei singoli e il lavoro di squadra.

D. A proposito della mancanza di personale, è un problema che interessa anche le figure apicali? Cosa ne pensa della situazione che si è venuta a creare in questi ultimi mesi?
R. È una situazione che riguarda un po’ tutte le posizioni, comprese quelle apicali, anche se interessa in misura maggiore le posizioni di base – camerieri ai piani e in sala, cuochi, facchini, segretari di ricevimento, guest relation, portieri – ed è un problema mondiale. Gli aiuti di Stato, che sono stati molto utili e hanno permesso di superare momenti di difficoltà, ora stanno creando problemi lì dove le persone hanno un sostentamento abbastanza significativo e non sentono il bisogno di ritornare al lavoro. Poi, c’è un mercato che sta cambiando radicalmente e la nostra industria non è forse pronta per recepire le nuove esigenze. Pensiamo al tema dello smart working: è vero che per molte figure del nostro settore non si può applicare perché bisogna esserci fisicamente in hotel, ma ci sono diverse altre funzioni per le quali si potrebbe lavorare da casa per alcuni giorni la settimana. Siamo noi a non essere predisposti a recepire questa richiesta che arriva dal mondo del lavoro. Credo che come imprenditori, come direttori d’albergo, dovremmo attivarci per andare incontro a questi bisogni. I giovani hanno delle aspettative molto molto diverse da quelle che avevamo noi qualche generazione fa: dobbiamo essere pronti noi per primi a capire ciò che il mercato offre. In questo, c’è una chiara responsabilità da parte nostra. Le scuole devono preparare i ragazzi in modo diverso, ma ci deve essere anche molta più formazione e attenzione alle esigenze del personale all’interno delle aziende: dobbiamo essere più vicini ai nostri collaboratori sostenendo la loro resilienza psicologica. Pochissimi alberghi stanno lavorando su questo aspetto.

D. Dopo aver attraversato la pandemia e con le complessità determinate oggi dal contesto generale, come è cambiata la figura del general manager in hotel e come continuerà a evolvere secondo lei?
R. Sta evolvendo trasformandosi sempre più in una sorta di “psicologo” più che direttore d’albergo in senso stretto: siamo chiamati a saper tenere unito un gruppo, anche imparando a delegare, perché tutti si operi nella stessa direzione. Lavorare su un piano formativo e psicologico, tenere unito il team e motivarlo, avere una visione aziendale: questi sono i compiti primari del direttore d’albergo oggi. Poi, a mio parere, i risultati arrivano di conseguenza. Ancora troppo spesso si valuta il direttore dell’hotel sulla base dei meri risultati economici, ma non credo che questo sia un atteggiamento molto lungimirante. Il direttore deve guardare principalmente alla base della forza lavoro che ha a disposizione e alla sua capacità di coinvolgere tutto il team: se riusciamo ad avere una squadra motivata, appassionata a quello che fa e giustamente remunerata i risultati economici non sono altro che una conseguenza.

D. Dal suo osservatorio – il Principe di Savoia di Milano – come sono cambiati, invece, gli ospiti? Cosa cercano oggi in hotel?
R. Vedo che hanno tanta voglia di tornare alla normalità, sono attenti al fattore igienico-sanitario ma senza particolari eccessi. C’è da dire che ci mancano fette di mercato enormi: il mercato cinese, quello russo, gran parte di quello giapponese, e questo ci penalizza un pochino. Oggi come oggi, però, abbiamo sopperito a queste mancanze con molti più americani ed europei e con un aumento delle tariffe che sta compensando quelle assenze.

D. Gli ultimi dati di settore parlano di una ripartenza, finalmente, dei flussi turistici anche nelle città: com’è la situazione vista da Milano?
R. Milano ha sofferto i primi quattro mesi dell’anno per le restrizioni della pandemia. Da aprile il mercato ha cominciato ad aprirsi anche se, con lo slittamento del Salone del Mobile e il fermo del congressuale e dei gruppi, anche quello è stato un mese decisamente sotto tono. Già a partire da maggio abbiamo visto, però, un ritorno importante del congressuale, dei company meetings e una ripresa significativa del turismo leisure dagli Stati Uniti e dal Medio Oriente, che hanno prodotto un volume di lavoro molto interessante. Poi a giugno, con il Salone, abbiamo registrato dei risultati straordinari: come Principe di Savoia, con la fine del mese, abbiamo recuperato abbondantemente la perdita del primo quadrimestre dell’anno. Per luglio e agosto, che non sono mesi clou per Milano, ci aspettiamo volumi discreti e poi da settembre le moltissime prenotazioni già confermate ci lasciano ben sperare per tutto l’autunno.

D. Nei giorni scorsi ha ottenuto l’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica. Quale è il suo prossimo obiettivo?
R. Si tratta di un riconoscimento molto importante e sono veramente orgoglioso che abbiano pensato a me. Ho la fortuna di lavorare per una compagnia straordinaria qual è la Dorchester Collection: il mio obiettivo è consolidare sempre più i risultati che l’hotel sta generando e migliorare ulteriormente il team al mio fianco in modo da avere una realtà manageriale ancora più solida per riuscire a portare avanti tutti i progetti che abbiamo in essere, che sono tantissimi: il rifacimento di tutte le cucine, l’estensione di un piano dell’hotel, lo spostamento della spa, il rifacimento delle camere, che è un processo senza fine. E poi, il progetto più importante al momento, che è il rifacimento della suite presidenziale: dovrebbe iniziare verso fine anno e terminare la prossima primavera. Infine, voglio continuare a impegnarmi sui tanti progetti sociali che portiamo avanti in albergo sia sulla città di Milano che a livello nazionale e internazionale con la collaborazione di tante associazioni che ci permettono di essere presenti a favore della salvaguardia della natura e del prossimo. L’ultimo, in ordine di tempo, è la donazione di 200 alberi in Centro Africa, che daranno lavoro a diverse famiglie in un’ottica di economia circolare.

Mentor me, così l’EHMA punta sui giovani manager dell’ospitalità
Si chiama Mentor me ed è appena entrato nel vivo della sua quarta edizione. È il progetto della sezione italiana dell’EHMA dedicato alla formazione dei giovani manager alberghieri. Come funziona? “Venti direttori d’hotel dell’associazione si mettono a disposizione come mentor di altrettanti mentee, tra i giovani talenti dei nostri alberghi che già ricoprono ruoli di responsabilità, per supportarli nei momenti difficili e davanti alle decisioni sfidanti della loro professione”, ci spiega Ezio A.Indiani. L’idea alla base “è aiutare il giovane a superare le difficoltà che può incontrare nel contesto nel quale opera non dandogli risposte predeterminate, ma aiutandolo a capire i valori in campo, ad analizzare bene la propria realtà in modo che possa autonomamente tirare fuori soluzioni personali e progredire nel percorso professionale”. Il progetto, che da tempo riscuote successo, verrà presentato in autunno anche all’École Hôtelière di Losanna che avvierà un progetto pilota di mentoring a favore dei propri studenti con il supporto del gruppo di lavoro italiano dell’EHMA.

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