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Giovani e imprese

Meglio gli annunci sui giornali che il passaparola

Meglio gli annunci sui giornali che il passaparola

Di Marco Bosco, 17 Dicembre 2010

Quali sono gli orientamenti delle aziende alberghiere nel selezionare giovani figure professionali per le proprie attività? Qual è il grado di convergenza tra le convinzioni possedute, ed espresse, dai referenti aziendali e dai giovani rispetto alle dinamiche del lavoro? A queste e altre domande ha cercato di rispondere una recente indagine, realizzata da Risposte Turismo per conto dell’Ente bilaterale industria turistica (Ebit) tra i responsabili di hotel single unit e di catene alberghiere, i giovani sotto i 30 anni di età occupati presso questo tipo di unità operative e gli studenti delle classi quarte e quinte degli istituti scolastici alberghieri e per il turismo. E i risultati di tale ricerca, pur parzialmente confermando assiomi tradizionali, di cui tuttavia è pur sempre necessario controllare periodicamente l’aderenza alla realtà, aprono anche interessanti finestre su un mondo, quello del confronto tra aspettative dei giovani e richieste delle imprese, che non sempre viene esplorato con la dovuta attenzione.
A guidare le nuove leve verso il lavoro nel turismo sembrano così essere soprattutto i vantaggi sociali che esso è capace di garantire: operare in un ambiente divertente, essere a contatto con la gente e avere l’opportunità di viaggiare. Ma la fase delicata che stiamo vivendo ha portato gli intervistati a individuare il turismo anche quale settore capace di resistere alle difficoltà economiche generali e di garantire livelli di attività tali da tradursi in opportunità occupazionali anche quando altrove non si assume.
Le aziende, dal canto loro, avvalorano tale impressione dichiarando, il 27% di esse, che nei prossimi cinque anni il numero di occupati under 30 aumenterà di almeno dieci punti percentuali, mentre solo il 2% è di parere opposto. La qualità determinante nei giovani più promettenti è poi, a detta dei referenti aziendali, la passione per il lavoro in hotel e nel turismo in generale: unica spinta in grado di bilanciare le difficoltà rappresentate dagli orari di lavoro e dal calendario di attività. I giovani, consapevoli di ciò, chiedono così alle aziende forme di incentivo (dalla formazione continua alla possibilità di fare esperienze all’estero) in grado di motivarli a restare nel settore. Quasi in un botta e risposta virtuale, gli imprenditori e i direttori d’albergo, d’altro canto, puntano il dito sulle aspettative dei ragazzi, troppo alte rispetto alla loro capacità di inserirsi da subito con profitto in azienda, e sulla loro instabilità, che si traduce in tassi di turnover elevati. «Per sostituire i lavoratori in uscita», spiega il presidente di Risposte Turismo, Francesco di Cesare, «le aziende riscontrano difficoltà nella fase di ricerca, che però risulta poggiare ancora in larga parte su strumenti non convenzionali e di certo non strutturati, quali il passaparola e i consigli personali o l’attesa di auto-candidature, e molto meno sul ricorso ad agenzie del lavoro e ad annunci su riviste o siti web, che potrebbero ampliare il raggio e forse garantire risultati superiori a quelli finora riscontrati».
Quando poi il focus si sposta sui filtri di selezione adottati dalle aziende alberghiere, emerge in modo netto come l’esperienza, per quanto con alcune differenze in ragione della posizione e del ruolo da ricoprire, pesi molto di più del titolo di studio: «Un risultato», conclude di Cesare, «che se da un lato può apparire ampiamente prevedibile, dall’altro nasconde un rischio di cortocircuito (per poter lavorare bisogna avere esperienza, ma per avere esperienza bisognerebbe lavorare) che ha tra i suoi effetti anche quello di vedere spesso bloccate le dinamiche organizzative interne, con molte posizioni, soprattutto quelle più critiche e di rilievo, occupate e difese da professionisti entrati in albergo da molto tempo e orientati al mantenimento dello status quo».

Hotel indipendenti e catene: cosa cambia

Tra gli aspetti monitorati, figura anche il confronto tra hotel indipendenti e gruppi alberghieri. Differenze emergono sul fronte della stabilità dell’impiego, con una lieve prevalenza di contratti a tempo indeterminato, per gli under 30, tra le catene (il 65% del campione contro il 58%). Anche la prospettiva di consentire esperienze formative internazionali e una maggiore job rotation sono prerogative specifiche delle catene. D’altro canto gli alberghi indipendenti recuperano a volte in appeal per via della prossimità degli stessi rispetto al luogo di abitazione, per il maggior radicamento con il territorio e per un più facile inserimento nelle dinamiche personali e intra-organizzative. «Il probabile futuro aumento dell´incidenza degli hotel di catena», commenta Francesco di Cesare, «finirà con l’impattare notevolmente sullo scenario del lavoro nelle aziende alberghiere: nuove professioni potranno emergere, saranno necessarie nuove competenze, si creerà maggiore spazio per l’inserimento di giovani con elevata formazione. Al tempo stesso, però, sarà anche fondamentale rendere più robusta la preparazione ai mestieri di base dell’hôtellerie, dai quali le grandi organizzazioni continueranno a non poter prescindere».

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