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Formazione e nuovi progetti: la ristorazione reagisce alla crisi

A rischio 50mila imprese e 21 miliardi di euro: abbiamo raccolto le iniziative di Fipe e Apci per sostenere e rilanciare aziende e lavoratori

A rischio 50mila imprese e 21 miliardi di euro: abbiamo raccolto le iniziative di Fipe e Apci per sostenere e

Di Mariangela Traficante, 14 Aprile 2020

Ormai da settimane ristoratori, pasticceri, cuochi e tutti coloro che lavorano nel settore dell’enogastronomia e dell’hotellerie si trovano a fare i conti con la chiusura dei propri locali e ancora non si possono fare previsioni su quanto durerà. Ma da più parti la voce è univoca, il settore rischia il collasso. Ecco dunque che il comparto si sta muovendo e chiede con forza e unito l’intervento delle istituzioni.
Lo racconta Sonia Re, direttore generale di Apci, che spiega come l’associazione professionale cuochi italiani abbia dato vita a una visione di insieme che unisce trasversalmente professionalità e competenze, raggiungendo già così un importante risultato, quello di superare gli individualismi e fare rete per supportare la ripartenza. “Abbiamo voluto ascoltare tutto il territorio che ogni giorno conosce e vive la ristorazione, e capire quali siano le giuste basi da proporre al Governo per ripartire con il piede giusto”.
E quindi raccogliendo le istanze dai territori Apci si è fatta promotrice di una petizione – “che in realtà potremmo definire un vero manifesto”, spiega Re – lanciata sulla piattaforma Change.org – insieme a Cibo di Mezzo, associazione di ristoratori e produttori della zona di Brescia e del Lago di Garda e Ri.Un-Ristoratori Uniti, associazione di ristoratori di recente nascita -, sostenuta da importanti associazioni che rappresentano i diversi temi (Ampi, Anp, JRE Italia, Le Soste, Club Richemont), proprio per dare voce a tutti gli operatori del settore.
I punti chiave della petizione, indirizzata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri sono legati sia ad azioni immediate sia alla ripartenza, a partire dalla richiesta di esonero del pagamento di tasse e contributi fino al 30 dicembre, il congelamento delle obbligazioni, la riduzione del 35% della contribuzione previdenziale sul lavoro subordinato, prevedendo crediti di imposta da utilizzare per nuove assunzioni e/o per l’impiego di lavoratori svantaggiati, la valorizzazione del Made in Italy, la creazione di tavoli di lavoro con distributori e fornitori, la detassazione di straordinari e benefit e altro.
“Ci siamo trovati in emergenza – spiega Sonia Re, ripercorrendo le tappe di queste settimane di crisi – all’inizio sono state vagliate diverse possibilità, dalla chiusura temporanea al delivery, ma erano tutte cure palliative, non è semplice per un ristorante finora non attivo sulla consegna a domicilio attrezzarsi per poter consegnare 4 o 5 piatti alla clientela. Da lì dunque la ristorazione ha deciso di fermarsi, ma abbiamo anche capito che le piccole e medie imprese del settore rischiano il collasso, ma la situazione è drammatica anche per l’alta ristorazione, che è quella che più sta soffrendo il momento, anche a causa dello stop al turismo”.

La voce del territorio
E ora, con la certezza che neanche Pasqua sarà il momento del riscatto e che l’estate sarà molto complicata anche a causa di tutte le spese fisse che si dovranno comunque affrontare, è il momento di farsi sentire per richiedere una forte boccata d’ossigeno nell’immediato.
Da qui la raccolta di iniziative da associazioni e gruppi sul territorio, come appunto Cibo di mezzo e ristoratori uniti, per dare loro struttura e respiro nazionale.
“E’ stato un faticoso e importante lavoro di raccolta, ma ci auguriamo che le istituzioni ne facciano tesoro perché il manifesto che presentiamo raccoglie le voci di chi lavora sul campo tutti i giorni. Vorremmo allargarci e coinvolgere anche più attori come il settore alberghiero”. Di fatto sono state messe sul tavolo del governo richieste su azioni immediate e di lungo periodo, riportando problematiche che il settore viveva già da tempo e che non erano state affrontate, e questo potrebbe essere un momento buono per farlo.

La formazione di Apci
Utilizzare il tempo sospeso, com’è quello che stiamo vivendo, in maniera costruttiva dunque. E Apci lo sta facendo anche con iniziative di formazione: “Abbiamo lanciato le Apci Digital Week, un calendario di incontri insieme agli esperti sulla nostra pagina Instagram (lunedì, mercoledì e venerdì alle 15), incentrati su aspetti tecnici e legislativi ma anche sul tema della comunicazione e su quelle attività che magari chef e ristoratori spesso hanno difficoltà a curare per mancanza di tempo durante la normale attività, da come comunicare sulle grandi piattaforme come opzione di business, a come i cuochi possono valorizzare la propria attività. E poi ora diamo la possibilità a tutti, soci e non, di scaricare gratuitamente il nuovo numero della nostra rivista L’arte in cucina (che da gennaio è diventato un quaderno stagionale), scrivendo ad associazione@apci.it”.

Fipe, richieste su liquidità e tax credit
Come la vedono le imprese? “La situazione è drammatica”. Non usa giri di parole Luciano Sbraga, responsabile ufficio studi e vice-direttore generale di Fipe. “Siamo stati doppiamente colpiti, perché l’emergenza sanitaria ha messo in difficoltà soprattutto due componenti, quelle del turismo e quelle fondate sulla socialità e noi siamo coinvolti in entrambi i filoni”.
Al momento è difficile naturalmente prevedere quando si riaprirà, ma intanto la federazione ha elaborato delle stime che tengono conto della chiusura di marzo e aprile e di una ripresa che potrà cominciare agli inizi di maggio ma che potrà essere molto lenta. In questo scenario “contando che ogni mese di stop vale 8,3 mld di euro, contiamo una perdita di circa 21 ml di euro per il settore. Speriamo di essere smentiti, ma sicuramente l’ipoteca sul 2020 è pesante”.
Le perdite economiche si traducono anche in forti cali di posti di lavoro: “Normalmente nella ristorazione vengono assunti, nel periodo tra marzo e luglio, circa 250mila lavoratori, sia per le imprese stagionali che per quelle permanenti che intensificano l’attività. Ma crediamo che quest’anno queste assunzioni non avverranno”. E per l’esperto sono almeno 50mila le imprese a rischio di non riaprire anche quando l’emergenza sarà finita.
“Certo dipenderà anche da quanto saranno efficaci le misure messe in campo per tamponare l’emergenza. Finora le abbiamo accolte come un primo passo, ma non sono del tutto soddisfacenti”. Il primo problema è quello della liquidità, in attesa dell’arrivo dei fondi della cassa integrazione, “con i dipendenti senza stipendio o le imprese che di fatto si fanno carico di pagare le retribuzioni a fronte di una mancata prestazione. Il tema è anche quello di non rischiare di disperdere il patrimonio delle competenze. Inoltre, i pagamenti come quelli per i mutui sono stati sospesi e rimandati, ma non annullati e le imprese potranno trovarsi a dover versare anche a fronte di incassi pari a zero”.
Si attendono i prossimi provvedimenti in arrivo, ma intanto Fipe ha proposto i propri emendamenti al decreto Cura Italia: “Per esempio in merito alle locazioni commerciali: abbiamo chiesto che il tax credit arrivi a 100% e non si fermi al 60% per marzo, e stiamo chiedendo un intervento che faccia rientrare l’emergenza covid-19 come causa di forza maggiore per non far scattare le morosità sul pagamento dei canoni”.

Tre linee di azione
E in attesa di uno sblocco che ci si augura possa arrivare il prima possibile, imprese e federazione si rimboccano le maniche. “Sono tre i filoni lungo cui abbiamo deciso di agire. Il primo è quello del delivery, che non è una panacea in grado di risolvere la crisi ma rappresenta comunque una fiammella accesa che va alimentata. A questo proposito, stiamo infatti lanciando la nostra piattaforma focalizzata, www.ristoacasa.net – il delivery della ristorazione italiana. Il secondo fronte su cui vorremmo intervenire è quello del take away, ovviamente con tutte le misure del caso come mascherine e distanziamento sociale, ma qui entra in gioco un ostacolo normativo perché il Dpcm attualmente non lo consente. E poi ci stiamo preparando alla fase successiva, quella del rilancio del “fuori casa”, che passerà anche qui da tutte le misure che riguardano la sicurezza sanitaria e che si dovranno prendere, ci sarà da fare un grande sforzo per ricostruire la percezione del ristorante come luogo sicuro. Cambieranno sicuramente alcuni meccanismi di consumo”. E a Fipe non è sfuggito neanche il fenomeno nascente dei cosiddetti “dining bond” (una sorta di ‘obbligazione’, voucher da riscattare poi alla riapertura, per sostenere i ristoranti): ci stiamo lavorando, poniamo la massima attenzione a tutto ciò che serve per ricostruire i rapporti con i clienti”.

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