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Focus sulla deducibilità

Di Marco Beaqua, 31 Luglio 2009

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Viaggi turistici nei quali siano in programma significative promozioni di propri beni e servizi, ricevimenti per ricorrenze nazionali e religiose, party aziendali, inaugurazione di nuove sedi e uffici: tutte spese di rappresentanza agli occhi del fisco, purché si documenti il tipo di destinatari dei costi, le spese rimangano entro determinati limiti di congruità e non si tratti di uscite per eventi aziendali a cui partecipano esclusivamente dipendenti dell’impresa, in quanto queste ultime non si configurano come significative attività promozionali. Sono alcuni dei chiarimenti contenuti nella recente circolare 34/e dell’Agenzia delle entrate, che illustra le modifiche alla deducibilità delle spese di rappresentanza dal reddito d’impresa, così come sono state introdotte dalla Finanziaria 2008 e successivamente definite dal decreto attuativo emanato dal ministero dell’economia e delle finanze (Mef) lo scorso 19 novembre. Rispetto alla disciplina precedente, valida fino al 31 dicembre 2007, la nuova norma sostituisce il plafond forfetario, pari a un terzo del valore delle uscite complessivamente sostenute, con un limite stabilito in funzione dei ricavi d’impresa e definisce in maniera precisa i criteri utili a qualificare un determinato onere come spesa di rappresentanza.
Gratuità, finalità promozionali o di pubbliche relazioni, ragionevolezza e coerenza con le pratiche commerciali di settore sono così le quattro caratteristiche che qualificano le spese di rappresentanza e le rendono inerenti all’attività d’impresa. Il carattere essenziale di questi costi, infatti, è proprio l’assenza di un corrispettivo o di una controprestazione da parte di chi riceve i beni e i servizi erogati. Anche la destinazione delle uscite ha un peso determinante ai fini di tale qualifica. La circolare spiega, infatti, che per finalità promozionale s’intende la divulgazione sul mercato dell’attività svolta, nonché dei beni e dei servizi prodotti, a beneficio dei clienti attuali e potenziali. Negli obiettivi di pubbliche relazioni, invece, vanno inquadrate tutte le iniziative volte a diffondere o a consolidare l’immagine dell’impresa e ad accrescerne l’apprezzamento presso il pubblico, senza una correlazione diretta con i ricavi.
La norma fissa, inoltre, i nuovi paletti entro cui le spese di rappresentanza si considerano congrue rispetto al volume dei ricavi e degli altri proventi generati dalla gestione caratteristica dell’impresa e, quindi, deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute. Il plafond di deducibilità, in particolare, è stato stabilito nell’1,3% per la parte degli stessi ricavi e altri proventi di ammontare non superiore ai 10 milioni di euro, nello 0,5% per la parte eccedente i 10 milioni ma compresa entro i 50 milioni di euro, nonché nello 0,1% per la parte eccedente i 50 milioni di euro.
Il documento di prassi precisa, poi, che qualora l’importo delle spese di rappresentanza sostenute nell’esercizio resti sotto il limite di congruità, lo scarto non si potrà utilizzare per alzare il tetto e coprire spese negli anni successivi. Fanno eccezione le spese di rappresentanza sostenute dalle imprese in fase di start up, in cui i ricavi sono pari a zero: in questo caso la deducibilità dei costi potrà essere differita anche all’anno dopo il conseguimento dei primi ricavi. Per quanto riguarda le spese sostenute dalle imprese organizzatrici dell’evento (fiere, mostre e simili) per l’ospitalità di personalità del settore, di richiamo per la manifestazione (come, per esempio, gli esperti del mondo scientifico, che tengono conferenze nel settore oggetto della manifestazione), queste possono essere trattate come costi pertinenti all’organizzazione e, quindi, interamente deducibili. Condizione essenziale per la piena deducibilità dei costi è, però, che a sostenerli sia l’impresa organizzatrice e non la società espositrice.
Altre precisazioni contenute nella circolare riguardano, infine, le spese di rappresentanza relative ai servizi alberghieri, nonché agli acquisti di alimenti e bevande non compresi nelle uscite per prestazioni di lavoro: a tali spese, secondo quanto si legge nel documento dell’Agenzia delle entrate, si applicherebbe, infatti, prima la limitazione prevista dall’articolo 109, comma 5, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), quello relativo al tetto di deducibilità del 75%, per poi sommare il valore così ottenuto alle altre eventuali spese di rappresentanza, al fine del calcolo del plafond stabilito dalle norme relative ai limiti di congruità. Viceversa, non sono spese di rappresentanza, e quindi risultano pienamente deducibili, le uscite per i viaggi, il vitto e l’alloggio sostenute con lo scopo di ospitare clienti (ma non soggetti diversi come, per esempio, giornalisti, fornitori o propri agenti) in occasione di fiere, mostre o visite alle sedi dell’impresa.

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