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“First night effect”: come migliorare l’esperienza del sonno

I consigli degli esperti per aggirare in maniera facile il cosiddetto "effetto da prima notte", ovvero la difficoltà a riposare bene che molte persone sperimentano la prima notte in cui dormono in un ambiente nuovo

I consigli degli esperti per aggirare in maniera facile il cosiddetto "effetto da prima notte", ovvero la dif

Di Job in Tourism, 23 Settembre 2025

È una delle tendenza in crescita nel settore: il cosiddetto “turismo del sonno”. Sempre più viaggiatori scelgono, cioè, hotel e resort in grado di offrire esperienze mirate al buon riposo e al suo miglioramento. Da parte loro, le strutture cercano di rispondere con programmi dedicati. La sfida, in questo caso, è quella di contenere i costi, sia in termini di investimenti sia di gestione operativa, così da proporre pacchetti facili da implementare, sostenibili e in linea con la sensibilità al prezzo degli ospiti. Un aiuto arriva direttamente dalla scienza del sonno, che suggerisce quali sono gli elementi già in possesso di un hotel che possono essere sfruttati, a partire dalle camere e dai servizi esistenti, per favorire un riposo migliore. Ne parlano in questa utile guida due dei più noti consulenti alberghieri a livello mondiale, Adam e Larry Mogelonsky. Ecco cosa spiegano al riguardo.

Il “first night effect”

Si chiama “first night effect” ed è la difficoltà a dormire che molte persone sperimentano la prima notte in cui si trovano a riposare in un ambiente nuovo. Una parte della mente, infatti, resta inconsciamente vigile, come se dovesse controllare l’assenza di pericoli (un lascito della nostra mente più primitiva). Ciò può comportare tempi più lunghi per addormentarsi oppure risvegli improvvisi durante la notte. Non tutti ne sono colpiti, e in alcuni casi la stanchezza accumulata durante il viaggio è tale da garantire nonostante tutto un sonno profondo. Tuttavia, per molti viaggiatori, questo “effetto da prima notte” incide negativamente sulla qualità del riposo. E qui entra in gioco un aspetto cruciale: chi non conosce questo fenomeno tende a collegare l’insonnia o il sonno disturbato alla qualità della struttura alberghiera, generando una percezione che rischia di compromettere la guest experience complessiva.

Come compensare il “first night effect”

Esistono, tuttavia, diverse soluzioni, anche abbastanza semplici, per attenuare l’impatto del “first night effect”. Gli studi dimostrano, ad esempio, che la presenza di odori familiari può ridurre la sensazione di estraneità e favorire il rilassamento. Ancora più efficace è tornare a soggiornare nello stesso hotel di una visita precedente, perché la memoria riconosce l’ambiente come già conosciuto. In alcuni casi, riposare addirittura nella stessa camera della volta precedente può offrire un senso di familiarità tale da ridurre quasi del tutto l’effetto della prima notte.

Grazie a queste conoscenze fornite dalle neuroscienze, gli albergatori possono agire per migliorare la guest experience legata al sonno. Ad esempio, attivare un sistema di riconoscimento degli ospiti abituali attraverso strumenti come i CRM e i PMS che permettono di evitare duplicazioni di profili e di registrare correttamente chi ha già soggiornato nella struttura e le sue preferenze. In questo modo, offrire a un ospite repeater la possibilità di prenotare la stessa stanza può diventare un servizio aggiuntivo da proporre già in fase di prenotazione o nella comunicazione pre-arrivo. Alcuni hotel potrebbero perfino prevedere un piccolo supplemento per garantire questa opzione: si tratterebbe di una fonte di ricavo extra che, al tempo stesso, aumenta la soddisfazione del cliente, perché assicura un sonno migliore e una percezione più positiva del soggiorno.

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