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Fare l’albergatore nella nuova normalità

Già in passato la nostra industria si è dimostrata più resiliente di altre. Ecco i trend in atto

Già in passato la nostra industria si è dimostrata più resiliente di altre. Ecco i trend in atto

Di Giovanni Angelini, 18 Giugno 2020

Diamo voce a Giovanni Angelini, esperto ex ceo Shangri-La e manager di spicco di diversi gruppi alberghieri e oggi fondatore e presidente della società di consulenza Angelini Hospitality.

“Questa non è la fine. Non è neanche l’inizio della fine. Ma, forse, è la fine dell’inizio”, (Winston Churchill, 1942).

Questa citazione, risalente ai giorni bui della Seconda Guerra Mondiale, risuona ancora oggi mentre ci troviamo ad affrontare la crisi più dura che ha portato l’industria globale del turismo a uno stop, e ora davanti a noi c’è una lunga strada di recupero. In qualità di imprenditori responsabili dobbiamo accettare l’idea che la pandemia potrebbe non scomparire subito, e dobbiamo trovare dei modi per conviverci. Questa “nuova normalità” sarà con noi finché la situazione si stabilizzerà, e potrebbero volerci un paio d’anni.
Adesso è il momento di riorganizzare i team, mettere in pratica strutture efficienti, finalizzare strategie e piani d’azione e puntare a una crescita sostenibile. “Disruption” non è un termine nuovo nel mondo del turismo e dei viaggi e nell’affrontare le crisi già in passato la nostra industria si è dimostrata più resiliente di altre.
Sono due fondamentalmente gli elementi che la guidano: le esigenze dei consumatori e il fattore umano del personale, la passione e l’impegno.
Pensiamo che la domanda continuerà a crescere nel medio-lungo termine, e per quanto riguarda il personale, l’industria dell’ospitalità attira sempre a sé persone motivate e appassionate, da tanti Paesi diversi, preparate a rimanere forti e affrontare le crisi prendendosi cura degli ospiti.
Naturalmente uno degli effetti più temuti della pandemia è la perdita di posti di lavoro, e il settore è stato tra i più colpiti. Il nostro cuore è rivolto a tutti coloro che hanno perso lavoro e reddito.

Obbligati a correggere il tiro
Le pandemie hanno sempre spinto a innovazioni tecnologiche, creato potenti cambiamenti, spinto a rompere con vecchie cattive abitudini e adottare nuovi comportamenti e mindset. E la crisi di oggi non è differente, il mondo ne emergerà trasformato.
Coloro che si attendono di ritornare al loro stile di vita di prima ne rimarranno delusi dato che stiamo affrontando cambiamenti continui anche nel paesaggio economico.
L’obiettivo è accettare ciò che è cambiato, ciò che non lo è, e cosa possiamo fare per uscire dalla crisi più forti di prima.

I leader
Si tratta di un momento di test per i leader dell’ospitalità, che devono confrontarsi con decisioni difficili per mantenere viva l’attività e preparare il futuro. I modelli tradizionali vengono rovesciati e ne sono necessari nuovi: la situazione richiede leader “visionari” che abbiano esperienza ma anche un atteggiamento positivo, e che siano empatici e buoni comunicatori, che possano inspirare e motivare i propri team, leader in cui avere fiducia.
Sul fronte governativo, il rischio è di vedere in alcuni casi una sorta di “nazionalismo economico”, che però sarebbe la via sbagliata se provocasse la distruzione della supply chain globale, perché diventerebbe in automatico anche molto più costosa per i consumatori.
Non è il momento di alcun approccio protezionistico o nazionalistico. Naturalmente tra gli altri punti cruciali da assicurarsi ci sono il cash flow, l’efficenza, l’agilità, la digital transformation. In questo contesto competitivo, nessuna organizzazione può permettersi di rimanere indietro sul fronte tecnologico. E’ necessario fare una riflessione anche sulla quantità di brand presenti sul mercato: quanti sopravviveranno e quanti invece verranno ceduti, si fonderanno o scompariranno?

La fiducia dei viaggiatori
L’industria deve reagire alle nuove esigenze: sicurezza, igiene e protocolli di sanificazione sono diventati priorità per tutti, il benessere di personale e ospiti viene prima di tutto.
Il social distancing è possibile nell’ospitalità? Personalmente credo che dovremmo parlare di distanziamento fisico con un incremento nella comunciazione social e nel networking. Dovremmo diventare più creativi e re-immaginare il modo in cui conduciamo il business.
Sta cambiando lo scenario dell’hotellerie, e l’industria deve rispondere alle nuove tendenze e attese soprattutto sul fronte della prevenzione, implementando anche rigorosi standard per pulizia, controlli e relative certificazioni. I viaggiatori hanno bisogno di avere fiducia nel fatto che le misure di sicurezza siano state messe in campo e coprano ogni aspetto del loro viaggio. Vedremo miglioramenti nel filtrare l’aria, nella disinfezione delle camere e delle aree comuni. Screening come il controllo della temperatura, la messa a disposizione di igienizzante per le mani, l’uso di mascherine, stanno diventando standard. E si stanno testando i robot per la pulizia automatica, mentre sono già in uso in diversi casi strumenti come la tecnologia ultravioletta per igienizzare.
Per quanto riguarda la reception si può pensare a sistemi di screening biometrico, come il riconoscimento facciale, che potrebbero essere disponibili presto per gli hotel.
Diversi brand stanno implementando anche dotazioni contactless nei bagni, come dispenser touchless di sapone e shampoo. Il room service potrebbe essere sempre più richiesto, con gli ospiti alla ricerca di privacy e spazi personali. E sempre per questo motivo potrebbe calare la richiesta di social lobby, o magari questo dovranno essere ridisegnate. Naturalmente anche per il food and beverage occorre migliorare e re-immaginare in maniera continua le best practice.
E il prodotto offerto deve valere il suo costo, i clienti non accetteranno “nulla di meno”. E’ necessario essere pronti a modificare la segmentazione del target, le fonti di business, i mercati, le strategie di distribuzione, le aspettative degli ospiti.
Non bisogna tuttavia dimenticare di pensare nel lungo termine e ricordare che alla fine le cose torneranno a una sorta di normalità, ma dobbiamo adattarci e non sarà più “business as usual”.

I cambiamenti nel travel trend
Gli indicatori ci dicono che il leisure ha un potenziale maggiore rispetto al business travel, anche se comunque dobbiamo tener presente che il potere d’acquisto nella gran parte dei casi è sceso e questo potrà riflettersi nel breve periodo. Inoltre, le persone, pur avendo desiderio di viaggiare, non lo faranno finché non avranno fiducia nella sicurezza dei propri viaggi.
I viaggi in auto potranno avere un vantaggio rispetto a quelli in aereo nel breve periodo, e i viaggiatori potrebbero prendere maggiormente in considerazione fattori come la disponibilità di strutture e strumenti di healthcare nella destinazione desiderata prima di decidere di partire o meno.
Business travel e Mice saranno in calo: l’utilizzo della tecnologia per i meeting (con Microsoft teams, Cisco webex, Zoom, Skype, etc.), sta cambiando la percezione dei viaggi di lavoro da un’assoluta necessità a qualcosa di opzionale.
La richiesta di appartamenti e home sharing potrebbe calare a causa della carenza di standard sanitari e di sicurezza, e anche le compagnie di crociera saranno impegnate nel riguadagnare la fiducia.
Ma per gli albergatori più timorosi e inesperti il “pericolo” potrebbe celarsi nelle Ota, che potrebbero approfittare della situazione.
Per attrarre i turisti, è necessario creare nuove esperienze immersive con prodotti di qualità e spazi per la formazione e la scoperta. Per esempio continuerà a crescere la richiesta di proposte wellness: il benessere e lo spazio saranno il nuovo lusso.
Inoltre, i consumatori si aspettano dai brand più attenzione empatia e valore.
Le crisi generano opportunità, si dice: chi sarà il miglior innovatore? Ecco una chiara opportunità per i brand di emergere nel mercato.

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