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Expo e l´effetto intermezzo

La ricetta per un evento di successo: saperne sfruttare il lascito di notorietà e visibilità

La ricetta per un evento di successo: saperne sfruttare il lascito di notorietà e visibilità

Di Marco Beaqua, 10 Aprile 2014

«La nostra città ha un brand difficilmente comprimibile in un solo simbolo. Milano infatti è il suo Duomo, ma anche i suo marchi, la moda, le industrie, le reti del solidariato…». Di qui, la necessità di allargare la visione a concetti più ampi, parlando di un luogo dal grande fermento creativo e innovativo, che non si limita ai soli campi tradizionali del design e della moda. Si avverte tutto l’orgoglio di chi rappresenta una destinazione primaria del turismo europeo nelle parole con cui l’assessore comunale al Turismo, Franco D’Alfonso, ha aperto il proprio intervento durante il primo appuntamento con Milano Destinazione 2015, un ciclo di incontri pubblici recentemente promosso dal Touring Club Italiano e dalla Camera di Commercio locale.
Scontato, quindi, che anche la sua risposta a uno dei temi principali dell’incontro, «l’Expo può essere un’occasione per colmare il gap di reputazione che le nostre destinazioni scontano in determinati settori nei confronti del resto del mondo?», non potesse essere che quella di ribaltare completamente la logica della domanda, rivendicando al capoluogo lombardo un ruolo di primissimo piano nel panorama turistico globale: «Secondo le statistiche più recenti in termini di indici di popolarità e di attrattività», ha infatti dichiarato lo stesso D’Alfonso, «Milano è tra le primissime città al mondo per interesse, forse addirittura tra le prime cinque». Il vero gap, perciò, non andrebbe tanto ricercato nel mondo esterno quanto all’interno, «perché i milanesi sono poco consapevoli del potenziale del luogo in cui vivono». E poiché ormai la promozione delle destinazioni è diventato un fatto collettivo, ha aggiunto ancora l’assessore milanese, questo elemento incide enormemente sulla stessa competitività della metropoli lombarda.
La questione aperta per Milano non sarebbe, insomma, tanto diversa da quella che riguarda l’Italia intera: trasformare il grande interesse verso la sua offerta turistica in arrivi e presenze effettive. Il problema, ancora una volta, è la mancanza di sistema: «Il nostro è un paese straordinario, ma perde progressivamente quote di mercato: perché?», si è chiesto provocatoriamente Josep Ejarque, direttore generale di Explora, la destination management organization nata lo scorso fine agosto, su iniziativa della Camera di Commercio di Milano, di Regione e Unioncamere Lombardia, nonché di Expo 2015, con l’intento di diventare il braccio turistico dell’Esposizione universale. «Semplice, perché non siamo mai stati in grado di cambiare il nostro prodotto», si è quindi auto-risposto lo stesso Ejarque. La chiave è perciò quella di passare dal vecchio turismo di destinazione a un turismo di motivazione: «Oggi non è più pensabile vendere solo il territorio: dietro a una meta turistica serve un prodotto vero, fatto di proposte degli operatori locali per vivere e fruire lo stesso territorio in un’ottica esperienziale».
L’evento Expo ha senso quindi solamente se saranno adeguatamente sfruttate le opportunità per il dopo: «Il problema, come sempre nel caso dei grandi eventi, è il cosiddetto “effetto intermezzo”: il lascito, in termini infrastrutturali, ma soprattutto di notorietà e di visibilità, che un catalizzatore di interessi come l’Esposizione universale è capace di generare. È inutile dire che siamo belli se non costruiamo un prodotto adeguato, in grado di presentarsi a un mercato estremamente segmentato e iper-specializzato come quello contemporaneo». In tale contesto, peraltro, Milano avrebbe davvero grandi potenzialità da esplorare. Il riferimento è a segmenti come il turismo creativo, i city break, la cultura, lo shopping, il mice… «Non possiamo però aspettare», ha osservato ancora Ejarque, «perché i clienti non arrivano più da soli, ma vanno cercati e allettati». D’altronde, ha concluso il presidente del Touring Club, Franco Iseppi, «nessuno oggi viaggia spinto da un’unica motivazione. Ci si muove con precise gerarchie di bisogni da soddisfare e si cerca destinazioni in grado di soddisfarne il maggior numero possibile: Milano, da questo punto di vista, ha risorse invidiabili».

I dubbi delle aziende

Manca solo un anno alla partenza di Expo, ma dubbi e perplessità continuano ad aleggiare attorno a un evento che dovrebbe, invece, contribuire al rilancio dell’immagine di Milano e dell’Italia nel mondo. D’altronde ci sono situazioni che lasciano il segno: a cominciare dalla recente vicenda giudiziaria legata a Infrastrutture Lombarde, la controllata della regione che si è occupata di fornire consulenze proprio in relazione a Expo 2015 e che gestisce direttamente parte dei cantieri. Per non parlare poi delle vicissitudini legate alle infrastrutture che sarebbero dovute sorgere a corollario dell’evento, molte delle quali non vedranno probabilmente mai la luce in tempo utile, come per esempio sarà il caso delle due fermate della metropolitana 4, necessarie a collegare l’aeroporto di Linate con il passante ferroviario per la fiera di Rho. Non desta perciò particolare stupore che appena poco più della metà (il 55%), delle aziende intervistate durante una recente indagine Ipsos, si sia detta convinta del successo dell’evento. Diversa, invece, la prospettiva dei consumatori che, man mano che si avvicina l’inaugurazione di Expo, si dimostrano più fiduciosi: se a luglio 2013, infatti, appena il 40% credeva nelle potenzialità dell’Esposizione universale, a gennaio di quest’anno tale percentuale è salita a quota 66%.

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