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Dimmi chi sei e ti offrirò ciò che vuoi

Da uno studio di McKinsey & Company un’analisi per categorie su chi sono e cosa cercano i lavoratori di oggi

Da uno studio di McKinsey & Company un’analisi per categorie su chi sono e cosa cercano i lavoratori di ogg

Di Giorgio Bini, 1 Ottobre 2022

Non è più solo questione di soldi. Nel cambio di paradigma innescato della pandemia anche nel mondo del lavoro, chi oggi è in cerca di un’occupazione o intende cambiarla non considera come prioritario soltanto il parametro dello stipendio. Sempre più – concordano gli esperti HR – è il giusto mix di fattori differenti a orientare le scelte dei candidati verso questa o quell’azienda. La retribuzione, certo, ma anche le opportunità di crescita professionale e personale, la flessibilità oraria e organizzativa, il riconoscimento nei valori aziendali e, ancora, la possibilità di poter ottenere un work-life balance ottimale. Per questo, maggiore è la capacità delle aziende di capire di quale tipologia di persone hanno bisogno e di profilare i candidati, migliori sono le possibilità di offrire loro ciò che davvero cercano.
È tornato a parlarne, nei giorni scorsi, Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano in un suo post su Linkedin. “Dopo le ‘grandi dimissioni’ è ora di fronteggiare le ‘grandi attrazioni’: per colmare le posizioni vacanti e trattenere i lavoratori rimasti le aziende devono cercare il corretto mix di fattori di attrazione, soldi, carriera, flessibilità, purpose. Ma se una ricetta giusta non ci fosse? Se – si domanda Corso – i lavoratori non fossero tutti uguali e quindi offrire medesima value proposition a tutti i potenziali candidati fosse come offrire a tutti calzature taglia 39?”.
Nel fare questa osservazione, il docente del Politecnico riporta e analizza un recente studio di McKinsey & Company che ha classificato 5 differenti tipologie di candidati ai quali le aziende, riconoscendone il profilo, dovrebbero fare proposte differenti, capaci di intercettare bisogni e aspirazioni di ciascuno.
Secondo l’analisi della società di consulenza, un primo profilo è quello dei cosiddetti traditionalist: si tratta di persone orientate alla carriera, che si preoccupano dell’equilibrio tra lavoro e vita privata, ma che sono disposte a fare compromessi in nome del lavoro. Per loro possibilità di carriera, buona retribuzione e status professionale sono fattori altamente attrattivi. Quello dei “tradizionalisti” è un profilo che piace molto alle aziende perché meno propenso a dare le dimissioni e più facilmente individuabile attraverso le tradizionali strategie di reclutamento, anche se numericamente oggi meno rappresentato sul mercato del lavoro.
C’è poi la categoria dei do-it-yourselfer, ovvero di coloro che mettono al primo posto flessibilità e la possibilità di fare un lavoro nel quale trovare soddisfazione, oltre alla retribuzione. Si tratta per lo più di lavoratori tra i 25 e i 45 anni che, con lo stress causato dalla pandemia, hanno deciso in molti casi di lasciare il lavoro dipendente, anche per mettersi in proprio. Possibilità di lavoro agile e flessibilità organizzativa e per obiettivi possono essere due carte valide da giocare per attrarli nuovamente in azienda.
I caregiver sono, invece, coloro per i quali il lavoro è importante, ma fondamentale è svolgere un’occupazione che permetta loro di occuparsi anche della cura della propria persona e della propria famiglia. Hanno, per lo più, tra i 18 e i 44 anni e, se hanno lasciato il lavoro durante la pandemia per la difficoltà di conciliazione con la vita privata o vogliono cambiare lavoro, mettono in cima alla lista delle priorità flessibilità, sostegno alla salute e al benessere e avanzamento professionale (motivazione fondamentale per giustificare un eventuale ritorno al lavoro). Per questo, particolarmente attrattive per questo target risultano le aziende con proposte di welfare e di flessibilità avanzate.
La quarta categoria è quella degli idealist: per loro è importante fare un lavoro nel quale riconoscersi a livello valoriale e che sia occasione di apprendimento e crescita. Si tratta, dunque, di lavoratori per i quali vengono, prima di flessibilità e stipendio, il lavorare in un contesto sereno e con persone con le quali condividere obiettivi e percorso. A questo gruppo appartengono soprattutto i più giovani, tra i 18 e i 24 anni.
Infine, i relaxer: si tratta spesso di pre-pensionati o persone uscite dal mondo del lavoro per le quali la carriera e lo stipendio non sono al primo posto, ma che potrebbero tornare a lavorare se trovassero un’occasione interessante e caratterizzata da una buona flessibilità.
Tornare a essere attrattivi in questo particolare momento storico – è ciò che emerge dallo studio – passerà, dunque, anche dalla capacità di aziende ed esperti HR di capire che candidato hanno di fronte per fare l’offerta giusta: “Capire che mix di persone si desiderano all’interno dell’organizzazione, imparare a riconoscerle e offrire loro il giusto mix di condizioni – evidenzia anche Corso – sarà uno dei nuovi fattori competitivi in questa nuova fase del mercato del lavoro”.

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