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Di chi sono davvero le Dolomiti

Se poche sono le cose facili, molte sono quelle possibili

Se poche sono le cose facili, molte sono quelle possibili

Di Michil Costa, 4 Novembre 2011

Recentemente sono stato a un convegno che si intitolava «Di chi sono le Alpi?». «Le Dolomiti non sono di tutti e non sono di nessuno, sono solo di se stesse». Queste le parole pronunciate da uno dei ragazzi delle scuole elementari presenti alla domanda: «Di chi sono le Dolomiti?».
A parte le, solite, banalità di alcuni amministratori locali, che si sono limitati a parlare principalmente di turismo sostenibile (come se ci fosse ancora qualcuno che auspicasse un turismo non sostenibile) e della mancanza di risorse, le riflessioni sono state profonde, rilevanti.
La vastità delle Alpi, sono le montagne più abitate del mondo, non permette di mettere su uno stesso piano le loro varie problematiche: che vanno da uno spopolamento molto accentuato in alcune zone a una massificazione turistica in altre; da un imborghesimento generale al miglioramento delle condizioni dei nuovi cittadini; dal traffico alle difficoltà di mobilità, fino alla mancanza di volontà di assumersi qualsiasi onere. I tre concetti «Dopo di te», «Ci penserà le tecnologia» e «Rinviamo alle istituzioni» sono un pensiero esteso e radicato su tutto l’arco alpino: cambiare idea è un problema molto grosso, non solo per noi abitanti delle Dolomiti.
Si è parlato anche del patrimonio Unesco (un patrimonio per quale umanità?) e di come, da parte di molti, l’importante riconoscimento sia visto come un recinto. Non è un caso che il comune di Selva di Val Gardena si sia opposto all´inserimento della zona di sua competenza in tale patrimonio. Mancando un’estesa coscienza critica, la traduzione di turismo sostenibile per molti è un turismo che si lascia sopportare. Mai l’affermazione «Ognuno di noi ha l’ospite che si merita» (uno dei motti preferiti dal titolare della Perla, ndr) è stata più azzeccata.
Ma, allora, di chi sono le Alpi? Per gli abitanti Walser di Macugnaga, la parete est del Monterosa è loro e di nessun altro; per altri, invece, le montagne sono di chi le sceglie come spazio di vita; altri ancora, infine, se non altro per spirito, anche se nei monti non ci abitano, le sentono parte di sé: tutte percezioni né giuste né errate, che semplicemente sono.
«Maestra, le Dolomiti sono di chi se ne prende cura, come tu che ti prendi cura di noi». Così ha sintetizzato Laura, seconda elementare. Luca invece, otto anni, ha una risposta più eterna: «Le montagne sono di tutti, per tutti e per sempre».
«Il primo giorno che si sale in malga non si può fare il formaggio»: ci vuole tempo e pazienza per diffondere, in tutti gli strati sociali, una cultura della montagna. Un cambiamento non solo è auspicabile, ma obbligatorio. Ognuno di noi contribuisce, per dirla alla Joseph Beuys (artista tedesco del secolo scorso particolarmente sensibile alle tematiche ecologiche, ndr), alla «scultura sociale». Da qui il suo motto: «La rivoluzione siamo noi». Se poche sono le cose facili, molte sono quelle possibili.

Il Fossile dolomitico

Insieme alle riflessioni di Michil Costa sulle sue montagne, presentiamo anche una ricetta dedicata alle Dolomiti, realizzata dallo chef marchigiano della Stüa de Michil, Arturo Spicocchi. Proprio il ristorante della Perla di Corvara festeggia quest´anno la conquista, con 90 punti, della terza forchetta Gambero Rosso. Il locale è stato anche premiato, dalla stessa guida, come 3 forchette con la migliore carta dei vini dell´anno

Ingredienti per 4 persone
Per i fossili: uno sgombro sfilettato, mezzo branzino sfilettato, un trancio di rombo sfilettato, 12 gamberoni sgusciati e puliti, un finocchio, una noce di burro e 300 g. di panna fresca.
Per la terra: 100 g, di burro, 100 g. di cacao in polvere, 100 g. di porcini freschi frullati finemente, 100 g. di farina, 50 g. di zucchero, un uovo e sale qb.
Per la meringa: 250 g. di succo centrifugato di rapa rossa, 18 g. di albume in polvere, 1 g. di maizena, del nero di seppia con 250 g. di acqua, crescione, erbe fresche e fiori a piacere.
Preparazione
Per prima cosa cuocere il finocchio con la noce di burro, un pizzico di sale e la panna. Quando è ben cotto, frullarlo, farlo raffreddare e metterlo in una sac a poche. Preparare poi la terra, unendo tutti gli ingredienti come per una pasta frolla: fare un panetto e congelarlo. Una volta congelato, grattugiare il panetto sulla carta da forno e cuocerlo in un forno non ventilato a 120 gradi per dieci minuti. Farlo raffreddare e metterlo in un contenitore. Rosolare quindi, con un filo d´olio, i pesci e tagliare ogni filetto in quattro parti, una per ciascun piatto. Con la crema di finocchi fare una spirale, nella parte vuota mettere la terra e, sopra la terra, i pesci e i gamberi rosolati. Guarnire con fiori eduli ed erbette a piacere. Coprire con le meringhe sbriciolate o spezzettate in maniera irregolare.
Per le meringhe rosse: montare assieme tutti gli ingredienti, escluso il nero di seppia, in una planetaria. Una volta che l´impasto è ben montato, stenderlo quindi su una placca da forno e cuocere a 70 gradi per circa un´ora e mezzo. Per quelle nere, ripetere la stessa procedura, sostituendo il succo centrifugato di rapa rossa con il nero di seppia.

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