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Confronto e servizio: i fari dell’attività ricettiva

Massimo Fardin illustra gli elementi chiave raccolti in una lunga carriera tra grandi hotel in città come Napoli e Roma e villaggio olimpico a Torino 2006

Massimo Fardin illustra gli elementi chiave raccolti in una lunga carriera tra grandi hotel in città come Na

Di Mariangela Traficante, 11 Novembre 2020

Una lunga carriera alla guida di hotel di catena e indipendenti, nella quale si è perfettamente integrata anche un’esperienza al di fuori dei canoni classici dell’hôtellerie: ecco la ricca vita professionale di Massimo Fardin, manager di lungo corso che da esperienze e luoghi lavorativi in cui ha messo in campo le proprie competenze ha tratto un bagaglio composito e aperto a nuove sfide.
Gli ultimi tredici anni lo hanno visto confrontarsi da direttore generale con due piazze importanti, quelle di Napoli, all’Hotel Royal Continental e Roma all’Ambasciatori Palace, alle quali è arrivato forte di una sfida extra-settore: quella di venue manager al Villaggio olimpico di Torino in occasione dei Giochi invernali del 2006.

Domanda: Come è andata e cosa ha portato con sé da questi ruoli?
Risposta: “L’esperienza napoletana ha portato con sé un forte accento sui rapporti umani. Non solo all’interno dell’hotel, dove il lavoro quotidiano è servito anche a trovare un punto di incontro, a trasmettere ciò che avevo appreso fino a quel momento e a farlo anche in un ambiente diverso. Il focus sui rapporti si è sviluppato anche fuori dalle porte della struttura. Con i direttori dei principali hotel della città avevamo costituito un gruppo di lavoro, per monitorare i trend di mercato, trovare collaboratori, agire in sinergia per il territorio. Per esempio nel 2012 con la nostra azione congiunta siamo riusciti a portare a Napoli la stampa e i tour operator Usa, facendo loro conoscere il bello della città e quello che aveva da offrire. È stato un gruppo che ha funzionato bene, c’era un grande scambio di informazioni e ci incontravamo una volta al mese per confrontarci”.
Fare squadra tra colleghi invece di considerarsi puramente competitor è un’idea virtuosa. “Abbiamo tentato di replicare l’esperienza a Roma, con l’associazione di Via Veneto, ma con uno sviluppo più limitato, d’altronde le dimensioni e l’ordine di grandezza sono diversi tra le due città. Anche quella di Roma è stata certamente un’esperienza positiva: si impara a vicenda, ascoltando gli altri. Si è trattato di un tipo di attività diversa, mentre a Napoli dirigevo un albergo 4 stelle congressuale con turisti in arrivo da tutto il mondo, quello romano, un 5 stelle da 150 camere in via Veneto, accoglie tra i suoi clienti anche una parte diplomatica molto presente, capi di Stato, ministri, delegazioni”.

D: Quanto è differente collaborare con un grande gruppo rispetto a stare alla guida di piccole realtà?
R: “Ci sono ovviamente diverse peculiarità nell’una e nell’altra situazione. Le catene internazionali prevedono figure che chiaramente gli hotel “padronali” non hanno, anche per questione di budget. In un gruppo internazionale gli interlocutori sono tanti, mentre in una struttura indipendente emerge il rapporto diretto con la proprietà. La chiave di volta, in entrambe le tipologie di realtà, sta nel non perdere mai di vista il servizio e la soddisfazione del cliente, che deve essere sempre il faro dell’attività”.

D: Qual è attualmente la situazione dell’hôtellerie romana?
R: “Al momento è aperta una percentuale piuttosto bassa di strutture, con un’occupazione che non supera il 20%. Il motivo principale è naturalmente l’assenza di turismo internazionale, bisognerà attendere la ripartenza dei voli da Usa e Cina”.

Ma tra le numerose esperienze più “convenzionali” per un direttore d’albergo, ce n’è stata una decisamente più originale, ma che al tempo stesso ha portato un grande arricchimento professionale, quella da direttore generale al Villaggio olimpico di Torino 2006. “Con i suoi 3mila posti letto era paragonabile a un paese, più che un direttore era come essere un sindaco, accoglievamo gente da tutto il mondo con precisi standard del Cio da rispettare. Direi che si è trattato di un compito complesso ma al tempo stesso facile, perché tutto aveva le sue regole, era ben definito a livello organizzativo, dal ristorante aperto 24 ore su 24, che serviva 7mila pasti al giorno a tutto il protocollo di sicurezza. Posso comunque dire che i servizi erano di fatto quelli alberghieri”.

D: Cosa è stato nuovo rispetto alle direzioni cui era abituato?
R: “Sicuramente, oltre appunto a tutto il protocollo di sicurezza, penso alla gestione dei trasporti, con le navette tra Bardonecchia, Sestriere e Torino, e poi naturalmente la parte cerimoniale. Posso dire che si tratta di un’esperienza che replicherei assolutamente con piacere”.
E certamente lo sguardo non può che volgersi a Milano-Cortina 2026. Ma senza mai perdere di vista il mondo alberghiero.

Il profilo
Massimo Fardin conta su una esperienza quarantennale nel mondo dell’hôtellerie, nella quale ha scalato tutte le principali posizioni nell’ambito ricevimento e dagli anni Novanta in poi ha ricoperto ruoli di top management da vice direttore e direttore. Fardin è stato vicedirettore all’Holiday Inn Bologna City e direttore generale all’Holiday Inn Milano, mentre gli ultimi due incarichi dirigenziali in ordine di tempo sono stati quelli di direttore generale all’Hotel Royal Continental di Napoli dal 2007 a metà 2014, e di direttore generale all’Ambasciatori Palace di Roma fino a settembre 2020. Ma altrettanto importante è stata l’esperienza al di fuori dell’alberghiero “convenzionale”, ovvero quella di venue manager (direttore generale) del Villaggio olimpico di Torino in occasione delle Olimpiadi invernali del 2006.

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