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Chi sono le star degli alberghi?

Di Antonio Caneva, 21 Marzo 2003

È innegabile, le vere star degli alberghi sono diventate la cucina e la cantina. È finito il tempo in cui la ristorazione era vista come “materiale di risulta”, servizio del quale non si poteva fare a meno (anche se in certi casi lo si faceva) e sul quale sprecare il minimo possibile di enrgie: i ricavi, e soprattutto i profitti, derivavano dalle camere e, al limite, dalla congressualità.
Con la crescita della competitività gli alberghi si stanno nuovamente appropriando di una delle caratteristiche perse nei tempi: quella di contenitore di eventi e situazioni derivanti dal tessuto urbano in cui sono inseriti. Alla forte crescita della congressualità ha fatto seguito la riscoperta della ristorazione d’albergo e, a volte, i risultati sono talmente positivi da sconcertare. Per la festa di San Valentino, ad esempio, il ristorante “La pergola” del Cavalieri Hilton di Roma ha proposto il seguente menu a euro 250 a persona, e ci risulta che la risposta del pubblico sia stata positiva: tartare di tonno con rösti di patate e caviale, tortellini ai funghi in salsa al pesto, emincé di scampi su schiuma di zafferano, tortino di spigola con frutti di mare, sella di agnello in foglia di spinaci, dessert “San Valentino”.Vini selezionati dal sommelier.
Non è ancora sufficiente: l’albergo La Perla, di Corvara, ha acquisito una tale visibilità per la propria ristorazione (recente una stella Michelin) e soprattutto per la cantina (particolarmente Sassicaia) che quest’anno si è inventato un evento in cui in una settimana, oltre a proporre cene Grand Gourmet con famosi chef e degustazioni pomeridiane di vini pregiati (e lo sci?) ci sarà pure un’asta di vini rari. Un intelligente mix di natura, cucina, cantina e “business” con la vendita dei vini.
A Milano sto facendo una ricognizione sui molti alberghi che hanno organizzato il brunch domenicale, aperto al pubblico locale e c’è chi, come l’hotel Diana, attorno all’ora dell’aperitivo e al brunch ha creato un proprio stile di ospitalità.
È sicuramente positivo quanto sta accadendo; certo, la ristorazione, particolarmente se ad alto livello, è attività difficile con cui non tutti desiderano cimentarsi, però è anche una grossa opportunità per sviluppare il proprio lavoro in un mercato, in questo momento, particolarmente sensibile alle sollecitazioni intelligenti.

Who are hotel stars?

Undeniably, it is the kitchen and the cellar that have become the true hotel stars. Gone is the time when restaurant service was looked upon as a fill-in, something that could not be done without (although sometimes it happened) and was to be allocated as little resources as possible, because revenues and – above all – profits came from rooms or, possibly, from meetings.
As competitiveness grows, hotels are once again acquiring a characteristic they had lost: that of being the containers of events and situations originating from within their urban fabric. A strong growth in meeting and event activities has been followed by a rediscovery of hotel restaurants, with sometimes amazingly good results. On Valentine’s Day, for example, the “La pergola” restaurant of Cavalieri Hilton in Rome proposed the following menu for € 250 a person, which seems to have met a favourable response: tuna fish tartare with potato rösti and caviar, mushroom tortellini with pesto sauce, emincé of prawns on saffron foam, bass pie with seafood, lamb tenderloin on spinach leaves, “Saint Valentine” dessert. Wines selected by the sommelier.
That is not enough. The La Perla hotel in Corvara has acquired such visibility because of its restaurant (recently awarded a Michelin star) and above all its cellar (particularly Sassicaia) that this year it has launched a one-week event featuring Grand Gourmet dinners with famous chefs, afternoon wine-tasting sessions (what about skiing?) as well as a rare wine auction. A brilliant mix of nature, cooking, wines and wine-selling business.
I am doing a reconnaissance in Milan of the many hotels which organise Sunday brunches open the local public, and I have found that some, such as the Diana Hotel, have created their own hospitality style centred on aperitif time and brunch.
No doubt these are positive developments. Restaurants, particularly high-level restaurants, are a very demanding business, and not a challenge everybody is prepared to take. But they provide a great opportunity to develop one’s activity in a market which – at this moment – is particularly responsive to intelligent stimulation.

Translation of the Italian
editorial by Paola Praloran

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