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Che cosa abbiamo imparato?

Anche se è impossibile sapere cosa ci attende, mentre entriamo nel terzo anno di pandemia possiamo iniziare a ragionare su quello che abbiamo imparato da questa esperienza. E prepararci per il futuro

Anche se è impossibile sapere cosa ci attende, mentre entriamo nel terzo anno di pandemia possiamo iniziare

Di Giovanni Angelini, 9 Marzo 2022

Stiamo entrando nel terzo anno di questa brutta pandemia e siamo tutti stanchi, in particolare delle restrizioni agli spostamenti e dello stato dei nostri affari, con viaggi e turisti che continuano a essere bistratti. E ancora peggio è che nessuno può prevedere con precisione quale sarà il corso della pandemia. Quando tutto questo finirà? Semplicemente, non lo sappiamo. Con ogni probabilità, dovremo imparare a convivere con un virus endemico per molti anni a venire, con altre vaccinazioni in arrivo.
Ma guardando indietro agli ultimi due anni, cosa possiamo dire di aver imparato? Proviamo ad analizzarlo, e a mettere a fuoco ciò che ci servirà per il futuro.
Per prima cosa, abbiamo appreso che nessuno era preparato all’impatto economico e sociale di questa pandemia. Ed ecco che sorge la prima domanda: dobbiamo essere preparati a un bis?
Molti errori sono stati commessi da molti attori diversi, dai Governi, dai medici, dalle imprese. In generale, abbiamo assistito a leadership molto deboli (ricordiamoci che i leader vanno giudicati nei momenti difficili, non nei momenti in cui tutto va bene). I Governi hanno reagito troppo tardi alla situazione e in molti casi hanno preso la decisione sbagliata. Abbiamo visto manager perdersi completamente e altri dare più importanza ai profitti che all’empatia.
Abbiamo assistito a un aumento delle disuguaglianze di reddito ed è molto triste vedere come molte persone povere stiano diventando sempre più povere. Abbiamo imparato a nostre spese che il flusso di cassa è stato e rimarrà una priorità assoluta per tutte le organizzazioni e che abbiamo sempre bisogno di un piano di emergenza. Un piano che indirizzi la provenienza delle risorse durante i periodi buoni come in quelli cattivi.
Abbiamo visto fin troppe notizie false creare paura, confusione, sfiducia e, in alcuni casi, persino stigma. E senza alcuna empatia.
Abbiamo osservato come la pandemia abbia accelerato i cambiamenti globali nei comportamenti, nei valori e nelle aspettative dei consumatori, che sono diventati molto più selettivi rispetto a ciò che consumano, alle modalità di viaggio, a dove e quando viaggiare e dove soggiornare. La priorità del viaggiatore è cambiata e i trend ci dicono che salute e sicurezza sono diventati tanto importanti quanto il posizionamento e il marchio.
Stiamo imparando che il settore deve andare oltre le dichiarazioni simboliche sulla sostenibilità e mettere in atto priorità e parametri chiari: un argomento, questo, molto caldo, destinato a non scomparire.
Dal punto di vista individuale, abbiamo trasformato il modo in cui viviamo, lavoriamo e interagiamo. Abbiamo imparato a far fronte ai lockdown e a lavorare da casa, a utilizzare al meglio la tecnologia virtuale e quella ibrida. E non pare che ci sarà un ritorno a come stavano le cose prima della pandemia.
Ora, guardando al futuro, cosa prevediamo che accadrà? E noi, cosa faremo?
Nel nostro settore, quello che è il core business legato alla fornitura di ospitalità ed esperienze non è cambiato e non cambierà. Ma, certamente, dobbiamo lavorare molto di più per competere alla pari ed essere redditizi.
Dobbiamo imparare a differenziare, innovare, eliminare le formalità ed essere molto più efficienti. Sarà un must per qualsiasi organizzazione creare una forte cultura di rivitalizzazione e adattabilità. Le organizzazioni sono guidate dalla cultura.
In particolare, dobbiamo creare ed essere molto chiari su quale sia il nostro vantaggio competitivo. Cosa stiamo fornendo? E perché un cliente dovrebbe scegliere noi rispetto a un concorrente? Il panorama competitivo aumenterà in complessità. Cosa si aspettano i clienti da noi e dal nostro marchio? E noi stiamo rispondendo a quella domanda? Ad esempio, il cliente viene da noi per i nostri punti premio o per il nostro marchio? Bisogna essere in grado di rispondere a questo interrogativo: perché un cliente viene da noi?
La creazione di una percezione della credibilità, della qualità e della coerenza del prodotto è un imperativo. Credo che siamo tutti consapevoli del fatto che accettare lo status quo per un periodo di tempo sia, nella maggior parte dei casi, l’inizio di un graduale declino che porta al fallimento. È molto pericoloso. E quando te ne rendi conto è troppo tardi.
Solamente nel prossimo decennio, è probabile che sperimenteremo più progressi di quelli che abbiamo visto negli ultimi 50 anni: dobbiamo chiederci se siamo pronti per questo. Abbiamo bisogno di una mentalità predisposta ad imparare, di agilità nell’apprendimento, di flessibilità emotiva e capacità decisionali basate sull’approccio first things first. Non bisogna perdersi e cogliere ogni opportunità.
Una leadership affidabile e una governance responsabile dovranno essere semplicemente un must (e da quello che abbiamo visto, personalmente, questo è un tema che mi preoccupa molto per il futuro).
È il momento di una visione chiara, supportata da un solido piano d’azione e da obiettivi misurabili. È il tempo per investire nelle persone, nei prodotti e nei sistemi per il futuro. I leader non possono cadere nella trappola di fare qualcosa solo perché qualcosa devono fare. Il cambiamento tanto per cambiare non è pianificazione né strategia, è una corsia preferenziale per il fallimento, è un cane che rincorre la propria coda.
Abbiamo necessità di un forte approccio incentrato sulle persone; il settore dell’ospitalità lo è sempre stato e rimarrà tale (intendendo le persone sia come i collaboratori sia come clienti). Avremo molta più automazione, più fornitura di servizi basata sulla tecnologia e funzioni virtuali nella nostra attività, ma il tocco umano e il valore umano saranno sempre richiesti e attesi.
La gestione delle persone sta diventando sempre più difficile, in particolare quando dobbiamo far fronte alle differenze generazionali. Sfortunatamente, abbiamo assistito a un cambiamento profondo di atteggiamento da parte della forza lavoro, e non in meglio. Questa è la sfida più grande che deve affrontare il settore, fronteggiare un grande movimento di dimissioni di massa e un grande rimescolamento. Questo tema deve essere affrontato come una priorità: bisogna accettare il fatto che l’industria ha il dovere di essere molto più generosa in fatto di compensi, vantaggi, orari flessibili, incentivi. Siamo troppo “avari” e a volte non riconosciamo i bisogni di alcune delle persone dei nostri staff. In linea di principio bisogna allontanarsi dall’atteggiamento legato all’idea del salario minimo. L’obiettivo è avere un team connesso, creativo e produttivo. Proprietari, operatori e manager devono accettare tutto ciò e farvi fronte, se vogliono rimanere in attività e crescere.
Questo è un momento difficile per la maggior parte delle persone, ma con una visione e azioni adeguate può anche essere un momento molto interessante, bisogna essere ottimisti difronte alle negatività.
Serve essere più intelligenti, più veloci, più agili. Ciò richiede grandi cambiamenti e impegno. Ora è il momento di prepararsi alla domanda futura partendo dagli investimenti in persone e talenti.
Infine, è necessario migliorare l’approccio imprenditoriale, adeguare le attività principali in linea con le tendenze emergenti e cercare, e pianificare, tempi migliori per il futuro.

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