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Buone maniere: a tavola e non solo

Di Sergio Seraffi, 22 Luglio 2005

L’Hotel The Westin Palace di Milano, membro della Luxury Collection del gruppo Starwood, sofisticata ed elegante Casa caratterizzata dal contrasto tra la facciata moderna e gli interni in stile Impero, è stata la bella cornice nella quale si è svolto l’incontro “Il bon ton: le buone maniere a tavola e non solo”.
Organizzato da Luciano Manunta, presidente di Aira Lombardia (Associazione italiana impiegati d’albergo), l’incontro è stato condotto dal gran maestro della ristorazione Mario Petrucci, cancelliere dell’Amira (Associazione maître italiani ristoranti e alberghi). Entrambe le associazioni, con le altre otto più importanti del settore turistico alberghiero, fanno parte di Solidus, rappresentata, per l’occasione, dal presidente Franco Alzetta.
Gli interventi sono andati in scena nella bella sala “Sforzesca” al piano interrato dell’hotel, allestita a teatro e con ai fianchi due tavoli: uno, rettangolare, con i “testa tavola” (ovvero i capo-tavola) e una mise en place per un menù di tre portate, e l’altro rotondo, apparecchiato per un menù di cinque portate.
Mario Petrucci ha dato subito dimostrazione delle sue doti di buon comunicatore, raccontando la propria storia professionale, che lo ha condotto dalla natìa Romagna a vivere esperienze in diverse parti del globo, fino a fermarsi per approfondire le proprie conoscenze professionali nelle città di Sanremo e Milano. Ha dato alla serata uno stile colloquiale, un talking about come ha tenuto a precisare, formula gradita alla platea, che ha seguito con attenzione le sue precise spiegazioni.
Il discorso è subito entrato nel vivo. Il bon ton, le buone maniere: qualcosa di perduto? Petrucci ha fatto capire che le buone maniere iniziano fuori dal ristorante, a casa con i familiari, nel nostro vivere sociale: esempio elementare, quello di lasciare il posto su un mezzo pubblico a chi ne ha più bisogno. Poi, prima di entrare al ristorante, perché non aprire la porta alla propria dama? Piccole attenzioni, è vero, ma gratificanti: è l’uomo che entra per primo nel locale, memore di un passato nel quale era bene controllare che nella “locanda” non vi fossero pericoli per la signora che ci accompagnava.
Per meglio interagire con i presenti, ha poi coinvolto sei persone tra il pubblico, facendoli accomodare al tavolo rotondo, che lui sicuramente preferisce a quello rettangolare (“ancora meglio un bel tavolo ovale”, ha però affermato), per iniziare la lezione sul bon ton a tavola. Vederlo spiegare come accomodarsi, come “leggere” il tavolo (ossia capire dalle posate quali saranno le portate), come usare adeguatamente le posate, come scegliere e assaporare il vino, ha permesso di capire il suo messaggio: le buone maniere significano cultura e conoscenza.
Compito difficile e importante, far accomodare i commensali secondo le regole del bon ton: prima l’ospite maschile più importante, che si siederà con “vista” verso l’ingresso (potrebbe entrare un personaggio di maggiore importanza o, peggio, un nemico); poi, alla sua sinistra, “la parte del cuore”, la dama più importante; quindi gli altri commensali, alternando un uomo e una donna.
Petrucci ha dimostrato come il bon ton sia anche eleganza, dando ancora una prova della sua grande professionalità, con un semplice gesto: quello di posare delicatamente il tovagliolo sulle gambe del cliente. Ha poi affermato con decisione che, salvo rarissimi casi, il telefonino è bandito e non ci si deve dimenticare che le buone maniere, per gli uomini, implicano che ci si alzi quando una signora “va ad incipriarsi”. Sempre piccole attenzioni, sempre regole di buone maniere, molto gratificanti per chi le riceve e, nella stessa misura, per chi le usa.
Tra una portata virtuale e l’altra, spiegando con precisione come vanno messe le posate a “chiudere il piatto”, in che modo prendere il bicchiere, come versare il vino e l’acqua (mai riempire il bicchiere e mai lasciarlo vuoto), si è soffermato a dare preziosi consigli sull’abbinamento dei vini, deliziando gli astanti e dimostrando che bon ton è anche passione.
Mai stanco di “dare”, ecco altri preziosi consigli: i piatti si tolgono quando tutti i commensali hanno terminato; solo alle signore è consentito di non finire; il piatto servito da destra si porta via da sinistra.
Una nota di nostalgia, ricordando quando il servizio era quello alla russa, ovvero con il Gueridon, su cui il piatto veniva guarnito alla presenza del cliente, o di quando in alcuni locali il servizio era preparato alla lampada, tutti modi di coccolare l’ospite con eleganza, ormai persi per la maggiore praticità del servizio “impiattato”.
Alla fine della cena “virtuale”, quando dal tavolo si toglie il menage e si pulisce il tavolo dalle briciole, e dopo avere assaporato il dolce abbinato al giusto vino (il sapore del vino e i profumi si sono quasi realmente sentiti), erano passate due ore, che Petrucci ha usato per interagire sia con quanti erano seduti al tavolo sia con chi gli poneva domande, a cui rispondeva con attenzione, professionalità, umorismo e aneddoti, sempre presenti nel bagaglio di un professionista di così alto livello

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