Fu nel 1983 la mia prima volta a Budapest. Stavo per terminare il ciclo di studi all’alberghiero quando la passione per i viaggi in Europa mi portò a visitare la terra dei magiari. Pieno regime comunista, guerra fredda, cortina di ferro rendevano questo paese particolarmente interessante per un ragazzo di 19 anni curioso e desideroso di scoprire e frequentare terre e persone lontane dalla natia Puglia. Una delle motivazioni principali che mi avevano portato appunto a intraprendere la carriera alberghiera.
Un viaggio di 15 ore in auto, poche centinaia di marchi in tasca (avanzi della precedente stagione estiva) e, dopo una “accuratissima perquisizione” alla frontiera, arriviamo, con il mio compagno di viaggi, sul fiume più grande d’Europa che attraversa questa affascinante capitale.
Il Parlamento che sembra un duomo, i ponti maestosi, le grandi strade, i palazzi e i grandi alberghi in forte contrasto con l’arretratezza del Paese e la povertà della gente. Per noi italiani un soggiorno da “signori” con pochi soldi. Un discreto tre stelle a citca 15 mila lire a notte. Una scorpacciata di leccornie nell’antico Café Gerbeaud, cene a base di gulasch annaffiato dal Sangue di toro, passeggiate e vita con la gente locale. Non poteva mancare ovviamente la visita agli alberghi più importanti della città, vietatissimi ai cittadini dell’Est e frequentabili solo con valuta occidentale. Cento dollari a notte il prezzo della camera all’Atrium, grandissimo albergo sul Danubio, moderno e all’avanguardia da fare invidia ai migliori hotel d’Occidente. Comunque improponibile per le nostre tasche. L’aereo appeso nella hall mi è rimasto impresso per tutti questi anni.
Febbraio 2006, confermo la mia partecipazione al Congresso annuale dell’Ehma, European hotel managers association, che si tiene appunto a Budapest.
26 anni dopo nulla è cambiato tranne la ritrovata libertà e un consumismo sfrenato. All’arrivo a Budapest, con i miei illustri colleghi dalla Svizzera, una graziosa e sorridente hostess ci accoglie e ci accompagna in albergo. L’Atrium Sofitel naturalmente! «Ho visitato l’Atrium quando non eri ancora nata», le dico, sentendomi per un attimo appartenere ad un’altra generazione.«Ma l’aereo appeso nella hall c’è ancora?».
Il programma dell’Ehma è entusiasmante, il gruppo di amici che ritrovo ideale per trascorrere quattro giorni di formazione, aggiornamento professionale, contatti, conoscenze, scambi di idee e, perché no, business. E poi i relatori: dalla Cornell Univerity all’Ecole Hotelière de Lausanne; il direttore della guida Michelin, l’esperto di ristorazione Nobu, l’esperto delle nuove tendenze alberghiere…
Non sono mancate ovviamente visite e attività serali e notturne. Siamo stati ricevuti in Parlamento dal vicepresidente dell’Autorità turistica ungherese: visita completa e cocktail di benvenuto. Attraversiamo la piazza e siamo al Museo di Etnografia per la cena servita nel maestoso salone con un fantastico accompagnamento musicale. Un’altra sera invece fuori città, in collina, con temperature rigidissime, il famoso spettacolo con i cavalli tipico della puszta ungherese. Grappe, vin brulé e Sangue di toro (famoso vino corposo ungherese) a volontà fanno da corazza e da contorno alla divertentissima serata.
Ma ciò che mi ha colpito maggiormente è stato il discorso del sindaco di Budapest all’apertura della nostra assemblea. Con le sue parole e la proiezione delle slide appariva il primo promotore turistico della città. Zero politica e tanto entusiasmo per la propria città. Ci ha fatto sentire fieri di essere lì e ci ha lasciato una grande voglia di tornarvi presto. Appena rientrato a Milano non sono riuscito a trattenermi dal raccontare quest’esperienza al ministro Letizia Moratti che ho incontrato all’Enterprise, in occasione di un dibattito con i cittadini di zona e gli operatori alberghieri per la campagna di candidatura a sindaco.
Riflettendoci su mi sono chiesto: e se anche in Italia venisse messo a disposizione dei partecipanti a congressi internazionali il nostro patrimonio, dai municipi ai musei e così via, non solo per le visite ma per cene e cocktail; e se il benvenuto fosse del sindaco e/o di altre autorità, quale sarebbe il valore aggiunto e, soprattutto, il valore competitivo?
A Milano da un po’ di tempo a questa parte abbiamo avuto la fortuna di avere un eccellente e brillante direttore del Centro Congressi di Fiera Milano che si fa in quattro per portare in città importanti congressi internazionali sfidando la concorrenza di altre città quali Parigi, Berlino, Praga e la stessa Budapest. Perché non dargli una mano? In fondo non ci vuole molto e sono sempre più convinto che sono i piccoli gesti a determinare il successo.
Proprio come l’ultimo episodio avvenuto domenica 5 all’Atrium Sofitel, pochi minuti prima della partenza, mentre preparavo in fretta la valigia. Ricevo una telefonata in camera dalla receptionist Csilla che, con particolare gentilezza, mi chiede se può salire in camera senza arrecare disturbo. Considerando il via vai di quei giorni del personale per portarci informazioni, plichi, omaggi, foto non mi sono sorpreso. Quando apro la porta ricevo un grazioso pacchetto regalo Sofitel e gli auguri di buon compleanno. L’emozione è stata notevole. Le due tazze da caffè della collezione Sofitel sono state molto gradite ma se le avessi trovate semplicemente in camera non avrebbero avuto il medesimo effetto. Quel piccolo gesto mi ha lasciato un indimenticabile ricordo.
E grazie all’Ehma è prossimo un altro impegno, essendo stato sorteggiato vincitore di un corso alla Cornell University…
Anno 2006, ritorno a Budapest
Di Damiano De Crescenzo (Direttore Enterprise Hotel Milano), 17 Febbraio 2006
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