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Anche in Italia piace il mixed use

Di Marco Malacrida, 4 Aprile 2003

Nei momenti difficili come questi può essere interessante osservare i trend evolutivi nel settore per meglio comprendere dove andrà il mercato ed essere pronti a trarne i migliori benefici al momento della ripresa.
Stanno aumentando gli acquirenti di settimane di soggiorno in strutture definite “mixed use”, una combinazione tra hotel e timesharing, formula che consente in pratica di acquistare anticipatamente per 25 anni l’uso di una suite di un hotel per un periodo scelto: si paga la settimana o si acquistano dei punti vacanza presso organizzazioni che possiedono più strutture in varie località sparse per il mondo.
Questi comportamenti negli acquisti di vacanze stanno dando origine a un ciclo virtuoso. L’albergo tradizionale inizia a “vendere” camere dopo l’apertura, mentre le vendite delle suite con la formula del timesharing iniziano mentre l’albergo è in costruzione, uno o due anni prima. Si abbassano i costi di capitale nelle operazioni immobiliari e ci si “assicurano” clienti per 25 anni.
Non solo, anche se la suite venduta non è occupata i suoi costi sono coperti in ogni caso, a beneficio dell’intero albergo. Infatti il cliente si autofidelizza: ogni anno ritorna o manda amici e parenti nella suite acquistata per una o due settimane. Quando si stanca, può scegliere di andare in vacanza altrove, ma nell’ambito della stessa organizzazione, oppure raggiunge un accordo con l’hotel che “gestisce” per lui l’affitto a terzi, ricavandone un reddito. La customer loyalty è la più alta del settore: un solo proprietario di timesharing su cento sceglie di rivendere.
Ma non è tutto: il 60% di chi ha acquistato periodi di vacanza in timesharing ripete l’acquisto in altri luoghi: la formula dunque piace e potrebbe presto riguardare l’Italia. Non solo le località balneari o sciistiche dove già qualche iniziativa di timesharing è stata sperimentata: la Wttc (World travel&tourism council) conferma che il turista americano, cinese, asiatico, sceglie l’Italia (+13% nel 2002) come destinazione soprattutto per “vivere l’esperienza culturale, per conoscere, capire, gustare….”.
A essere interessate dal fenomeno saranno anche le città, Roma e Venezia in testa, o alcune zone ad alto valore storico, archeologico o termale, della Toscana e della Sicilia e non solo. Numerosi operatori si stanno attivando per soddisfare una domanda attenta alle novità e alle proposte creative, ma, attenzione: integrità e alta immagine del proponente sono fondamentali per conquistare la fiducia del cliente e garantire il successo della formula mixed-use.
Questo è un mercato per specialisti, che non tollera il fai da te. Il cliente infatti sceglie organizzazioni che gli diano garanzie di affidabilità, che gli offrano alternative: chi è proprietario di una settimana a Parigi deve poterla scambiare con una di livello equivalente a Londra o Roma, oppure nei Caraibi o in Sicilia…
È questo il vantaggio competitivo che i grandi gruppi internazionali offrono: i clienti possono scegliere, gli albergatori si assicurano la copertura dei costi di gestione e un tasso di occupazione che per gli operatori che utilizzano il “mixed use” è mediamente superiore all’85% .

*Marco Malacrida è amministratore delegato di Res, Hotels& Real Estates Business Developers, Milano

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