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Allora si difendeva l’italianità. E oggi?

La vicenda Alitalia vista dai principali rappresentanti delle associazioni di settore (e non): forti i timori per le ricadute sulla prossima stagione estiva

La vicenda Alitalia vista dai principali rappresentanti delle associazioni di settore (e non): forti i timori

Di Massimiliano Sarti, 4 Maggio 2017

C’è preoccupazione mista a un forte atteggiamento critico nelle dichiarazioni di alcuni tra i più noti esponenti dell’industria del turismo e dell’ospitalità: il commissariamento di Alitalia viene visto come il frutto di una serie di errori strategici delle più svariate provenienze, mentre forti sono i timori relativi alle tempistiche di una crisi che arriva giusto alle soglie di una stagione estiva molto promettente per il paese. La storia è nota: con la mancata approvazione da parte dei lavoratori del preaccordo azienda-sindacati sul piano di rilancio dell’ex compagnia di bandiera, il destino di Alitalia è ora appeso a un filo. Si va verso un commissariamento che dovrebbe traghettare il gruppo per i prossimi sei mesi. In quale direzione rimane al momento difficile dirlo. Ma le ipotesi sul tavolo a oggi sono due, salvo sorprese dell’ultima ora: la vendita del vettore a qualche altro operatore o la sua liquidazione definitiva. Le alternative sono improbabili: si parla della ricerca di nuovi soci potenziali, ma la cosa al momento appare difficile, mentre il governo si è detto indisponibile a qualsiasi ipotesi di nazionalizzazione della compagnia (anche se la storia insegna che non si può mai dire mai, ndr).
«I dati relativi ai flussi turistici a livello mondiale sono in forte crescita. Ma l’Italia deve confrontarsi con una concorrenza internazionale sempre più agguerrita. E in questa partita l’Alitalia potrebbe giocare un ruolo molto importante, soprattutto sul lungo raggio», è il commento del presidente di Confindustria Alberghi, Giorgio Palmucci. «Inoltre, quella che si è andata configurando in queste ore è una situazione di gravissima incertezza, che arriva proprio alla vigilia della stagione estiva, rischiando di avere già nell’immediato gravi ripercussioni».
Sulla stessa linea anche la posizione di Bernabò Bocca: il pericolo «è che si venda a un altro operatore e che quindi il nostro vettore nazionale diventi una compagnia regionale», ha spiegato all’Ansa il presidente Federalberghi. «Non si può fare turismo senza avere collegamenti efficienti e numerosi con i Paesi che rappresentano i futuri serbatoi di viaggiatori, come per esempio la Cina. E poi, anche il fatto che oggi se uno deve programmare un viaggio non sa se può comprare un biglietto Alitalia per luglio o per agosto, vuol dire che i turisti che devono venire in Italia possano prendere altre strade. Mica verranno in bicicletta. Insomma ci facciamo male da soli, come al solito… E proprio in un anno in cui c’era una solida ripresa».
Molto critico nei confronti del management Alitalia è quindi il pensiero di Gianfranco Battisti: «Aspettiamo che succede», ha infatti dichiarato sempre all’Ansa il presidente di Federturismo Confindustria, che vanta peraltro una lunga esperienza pregressa nel settore ferroviario. «Ma se la compagnia sparisse bisognerà prima di tutto garantire i turisti. Mi dispiacerebbe molto. Quello che è certo però è che al momento Alitalia ha un modello di esercizio completamente inadeguato e deve cambiare. Soprattutto a livello nazionale, è necessario integrarsi con le tratte ferroviarie servite dall’Alta velocità, perché è inutile programmare tanti voli tra le città collegate dall’Av (Milano, Napoli, Firenze, Bologna…). Pensiamo solo che tra Roma e Milano il traffico ferroviario nel 2008 era poco più del 30% e oggi è al 65%».
Al di fuori del mondo del turismo, ci pensa però il columnist del Corriere della Sera, Dario Di Vico, a gettare un po’ di acqua sul fuoco: «Oggi assistiamo a una crescente divaricazione tra flussi turistici e reale influenza commerciale di Alitalia. Solo per riferirci all’ultima Pasqua molte città italiane (e non solo Venezia, Firenze, Roma) hanno fatto il pieno di turisti stranieri, dimostrando che ciò che fa premio è la capacità di attrazione e non la presenza sul mercato di una compagnia di bandiera tricolore».
Irrituale, ma illuminante nel ricordare le origini più recenti dell’attuale crisi Alitalia, appare infine la dichiarazione del segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), Nunzio Galantino, che richiama le precise responsabilità del governo di centrodestra, colpevole di aver impedito a suo tempo la fusione con AirFrance – Klm: «Oggi sull’Alitalia bisogna andare a rileggersi quello che fu detto quando si rifiutò l’alleanza» con i franco-olandesi, si legge sul Sole 24 Ore. Già allora qualcuno però osservò: «Stiamo attenti, perché in nome dell’italianità si sta mettendo una brutta pezza a colori che prima o poi pagheremo. Allora si difendeva l’italianità, ora non so cosa si può più difendere».

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