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Aibes: non solo in hotel

Di Floriana Lipparini, 20 Gennaio 2006

«Dobbiamo uscire all’aperto, farci conoscere da un pubblico più vasto, essere presenti nei nuovi luoghi dove si organizzano eventi e anche, perché no?, apparire in televisione, partecipare a qualche bella tavola rotonda sul tema dei cocktail, o a programmi di largo seguito come “La prova del cuoco” dove, ad esempio, già compaiono i sommelier»: è Camillo Bosco, nuovo presidente dell’Aibes, a tracciare questo programma persino un po’ rivoluzionario.
In effetti, come dice Bosco, finora i barmen sono stati sempre un po’ chiusi nella nicchia dorata degli hotel di lusso, che sicuramente rappresentano una sede prestigiosa e charmante, ma non bastano più al nuovo dinamismo degli associati e al crescente interesse che questa professione suscita nei giovani. Ma allora, dove vogliono lavorare i barmen?
«Le opportunità sono numerose – prosegue Bosco. – Ad esempio le grandi Fiere, le manifestazioni e gli eventi organizzati in occasioni particolari… C’è solo da porsi in una nuova ottica».
E Angelo Borrillo, consigliere Aibes dell’Emilia-Romagna, conferma: «In Romagna questo trend è già iniziato. Saremo presenti al Sia, a Pianeta Birra, al Sib (la Fiera delle tecnologie per eventi, spettacoli e locali da ballo). Qualche volta noi dell’Aibes dobbiamo toglierci un po’ la giacchetta bianca e andare più incontro al pubblico».
Un’esigenza sentita anche da Camillo Bosco, piemontese doc, quasi mezzo secolo di Aibes, moltissimi anni come fiduciario e vicepresidente, una lunga carriera in Italia e all’estero, e nella sua Torino la direzione di prestigiosi locali, club e piano bar.
In origine erano 29 i barmen che diedero vita al nucleo originario dell’Aibes, oggi i soci sono più di 3mila. L’associazione, il cui obiettivo è quello di garantire un’adeguata preparazione professionale, è strutturata in 16 sezioni a carattere regionale, rette dai fiduciari eletti, con un vertice associativo costituito da un consiglio eletto ogni tre anni che, a sua volta, esprime il presidente.
«Dobbiamo far conoscere meglio la nostra associazione professionale, continuando naturalmente a fare concorsi di alto livello, ma anche migliorando la nostra immagine attraverso un percorso di educational specializzati e organizzando master per i titolari di esercizi pubblici. In questo ci possono senza dubbio aiutare gli amici sostenitori. Ed è anche molto importante diffondere attraverso i media la cultura del bere moderato e responsabile. Dire cocktail non significa necessariamente parlare di un drink esageratamente alcolico, perché la miscelazione abbassa di oltre il 50% la gradazione del prodotto base. Esistono del resto anche cocktail analcolici, e creazioni con sculture a base di frutta che sono piccoli capolavori», conclude.

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