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Affiliarsi: perché sì, perché no

La scelta del marchio a cui associarsi è un fase molto delicata

La scelta del marchio a cui associarsi è un fase molto delicata

Di Domenico Pugliese, 13 Luglio 2012

Oggi il settore alberghiero italiano sta andando incontro a momenti difficili. La crisi economica internazionale, in particolare, sta convincendo gli hotel a ridurre i costi: a partire da quelli per il personale, per finire con quelli legati a pubblicità e promozione, base fondamentale per la commercializzazione di ogni struttura ricettiva. E ciò crea un circolo vizioso, che conduce spesso al declino. Perché, allora, non affiliarsi ai brand internazionali?
Forse i costi sono troppo elevati; forse è meglio guadagnare di meno ma tenersi stretto quel poco che si ricava, piuttosto che pagare fee mensili; le catene alberghiere, poi, si sa, impongono standard di qualità da rispettare e impegnativi training del personale sia online sia offline. Il nocciolo del problema sta tutto in tali questioni, che contribuiscono a determinare la mancata maturazione, e di conseguenza la scarsa attrattività, del mercato italiano nei confronti delle grandi catene alberghiere, come InterContinental (Ihg), Marriott, Accor o Sol Melià, per fare solo alcuni nomi celebri.
Ma un albergo indipendente, con il crescente processo di internazionalizzazione, deve oggi poter competere in un mercato mondiale. Le sue strategie di sviluppo, perciò, possono essere duplici: una crescita interna, attraverso lo sfruttamento delle risorse proprie, oppure un’espansione esterna, che a sua volta si può tradurre in fusioni, acquisizioni o collaborazioni internazionali, come possono essere, appunto, le affiliazioni a dei brand affermati. Data l’attuale difficoltà a optare per la prima opzione, a causa dello sforzo finanziario necessario a condurla in porto, molti hotel indipendenti potrebbero perciò ricorrere alla seconda.
Prima di analizzare in dettaglio i vantaggi che una simile decisione può garantire a una struttura ricettiva, va però ricordato che il processo di scelta del marchio a cui affiliarsi è una fase molto delicata, durante la quale occorre individuare il brand più coerente e compatibile con la propria struttura e il proprio contesto territoriale. Molte volte, poi, è la catena alberghiera stessa che, al fine di perseguire la propria strategia di branding, tende a privilegiare una destinazione turistica piuttosto che un’altra. E l’Italia, proprio per la scarsa maturazione del suo mercato alberghiero, attualmente non risulta essere un’area particolarmente appetibile per le catene internazionali, in quanto il target di riferimento del nostro paese non mostra una spiccata attitudine a cercare e scegliere gli hotel brandizzati.
Una strategia di commercializzazione di tipo franchising o management contract garantirebbe però, allo stesso tempo, tutta una serie di vantaggi all’albergo indipendente che decidesse di intraprenderla: a cominciare dall’ottenimento di un’immediata reputazione internazionale, associata all’immagine del brand acquisito. Ma l’affiliazione, dicevamo, impone pure di operare nel rispetto di standard di qualità internazionali, definiti dalla stessa catena alberghiera che vigila sul loro rispetto. E gettando lo sguardo oltre gli oneri che ciò sicuramente comporta, si capisce come il mantenimento di tali standard rappresenti, in realtà, un forte richiamo per i potenziali clienti, che possono così prevedere quali servizi attendersi, anche senza conoscere personalmente la struttura: il brand, infatti, evoca già di per sé tutte le caratteristiche tangibili e intangibili degli hotel parte della propria catena.
L’affiliazione a un marchio internazionale, inoltre, permette di trasferire la quasi totale gestione degli aspetti promo-commerciali a livello centrale. All’ex hotel indipendente rimane, infatti, solo la necessità di concentrare i propri sforzi a livello locale, riducendo in questo modo i propri costi di comunicazione e pubblicità, pur mantenendo al contempo quella visibilità mondiale che il marchio prescelto gli garantisce.
Ciò detto, la validità o meno di una nuova brandizzazione va sempre giudicata sulla base di un’attenta valutazione del rapporto tra l’impatto che l’affiliazione ha sul fatturato e sui costi. Da una parte, infatti, entrare a far parte di un marchio internazionale consente senz’altro di incrementare sensibilmente il giro d’affari, grazie all’impatto dei servizi garantiti dal centro prenotazioni degli uffici centrali di compagnia, collegati al web e ai principali global distribution system (gds); da un’altra parte, però, l’affiliazione a volte comporta anche la realizzazione di ingenti investimenti che, se non considerati con estrema ponderazione, potrebbero non essere completamente coperti dall’aumento dei ricavi. Come sempre, insomma, quello che conta, alla fine, è l’analisi costi-benefici.

Chi è Domenico Pugliese

Laureatosi in economia del turismo, con una specialistica in amministrazione e controllo presso l’Università di Bologna, che gli è valsa il premio del Rotary club locale quale miglior laureato in economia del 2009, Domenico Pugliese è oggi junior consultant presso la società di consulenza alberghiera Viral Management, e hotel & finanzial controller presso l’Holiday Inn di Rimini. Al proprio attivo vanta inoltre anche un master in hospitality management presso il centro studi internazionali sul turismo Itinera, sempre di Rimini.

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