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A Sharm il sogno si è realizzato

Di Daniela Lombardo, 4 Luglio 2003

Domanda. Cosa ti ha spinto a intraprendere questa carriera?
Risposta. Un po’ il caso, ma partendo dalle origini la motivazione reale è stata quella di fuggire dal territorio depresso del centro Sicilia. Nel 1988, dopo il diploma di ragioneria, non sapevo che scelta fare: pensavo di intraprendere gli studi universitari, ma non ero molto convinto, l’unica cosa che sapevo per certa è che volevo andare via, quell’ambiente mi stava molto stretto. Ho partecipato a un concorso a numero chiuso della Facoltà di economia e commercio di Bologna per essere ammesso alla frequenza di un corso biennale a Rimini; al termine mi hanno riconosciuto un diploma di laurea breve in scienze turistiche. Un altro motivo guida è l’attitudine alle lingue. Conosco molto bene inglese, francese, tedesco, spagnolo e il kiswahili, quinta lingua più parlata al mondo: la parlano in Kenya, Tanzania, Uganda, Zaire, Zimbabwe…
D. Qual è stato il tuo primo incarico?
R. Nell’89 ho fatto una stagione al Savoy di Londra, un 5 stelle. Sono rientrato in Italia per il servizio militare, e poi per un certo periodo non ho trovato lavoro. Allora ho deciso di tornare in Inghilterra. Ho iniziato dalla gavetta, come cameriere, seguendo contemporaneamente un corso-lavoro (teoria applicata) che mi è servito molto come formazione professionale anche se era molto duro: pulizia delle camere per 6 mesi, housekeeping, portierato, bagagli, ristorante, prenotazioni, ricevimento e front-office. Il secondo anno sono passato in un hotel della stessa catena, ma di standard superiore. Da quel momento in poi è stato un crescendo fino ad arrivare al ruolo di supervisore del ricevimento.
D. A questo punto come hai proseguito?
R. Dopo aver arricchito la mia esperienza anche nel settore della ristorazione, nel 96 fui contattato da Vincenzo Presti, che oggi è amministratore delegato di Domina Vacanze. Sapeva delle mie esperienze a Londra e mi affidò un incarico in Kenya, come manager del Palm Tree (32 camere). Lì sono rimasto per circa quattro anni, dopo di che sono stato per un breve periodo vicedirettore al Palumbalza, in Sardegna, fino a quando Ernesto Preatoni, patron di Domina, nell’agosto 2000 mi ha chiesto di coadiuvare il general manager, ??? Costa, del Domina Coral Bay a Sharm. Ancora oggi lo ringrazio perché ha avuto molta fiducia in me.
D. General manager di un grandissimo resort a 32 anni: un traguardo raggiunto più per bravura o per fortuna?
R. La fortuna ha la sua rilevanza, però devo dire che ho lavorato tanto e continuo a lavorare tantissimo, in media 12-13 ore al giorno… credo di meritarlo!
D. Hai seguito qualche master?
R. Continuo a studiare, sono allievo della Cornell university di Ithaca, la più riconosciuta al mondo nel campo dell’hôtellerie. Ogni anno frequento un corso: nel 2001 per general manager di grandi strutture alberghiere, nel 2002 di marketing strategico alberghiero e quest’anno conto di approfondire ulteriormente il marketing.
D. Diventando general manager quale svolta hai dato al Domina coral bay?
R. In una destinazione come Sharm occorre un approccio un po’ più creativo; uscendo dagli schemi, ho messo insieme un team dirigenziale di persone giovani, che hanno molta voglia di fare, che non stanno a guardare l’orologio, si divertono a lavorare e soprattutto sono molto uniti. Questo è stato l’obiettivo più importante da raggiugere: un team che mi è anche molto fedele, quindi crede in me, così come io credo in loro, un rapporto di rispetto e stima reciproca.
D. Avete apportato molti cambiamenti alla struttura?
R. È diventato un resort, ovvero un complesso che comprende cinque hotel di categoria e standard diversi, nell’ambito della stessa direzione generale. Ogni albergo ha un direttore, ma alcuni sono riuniti sotto un’unica direzione. Abbiamo rinnovato l’equipaggiamento di molte camere, ultimato il lussuoso Domina Prestige, associandolo alla nuova beauty farm, Elisir, la più grande del Mar Rosso, dedicata ai clienti che oltre alla vacanza vogliono concedersi un momento di salutare benessere. Potranno scegliere un pacchetto che include diversi programmi, sempre consigliati da un medico: massaggi rilassanti o linfodrenanti, fanghi, sabbiature e talassoterapia in un’area molto suggestiva e riservata.
D. Grandi novità, insomma.
R. Abbiamo da poco inaugurato il centro congressi che ospita fino a mille persone: prima dovevamo rivolgerci ai vicini, oggi abbiamo in programma già numerose convention e gestiamo tutto in casa: è il centro congressi più capiente in assoluto non solo in Sharm, ma in tutta la penisola del Sinai.
D. Quanti sono i dipendenti del Domina coral bay?
R. Circa 1.200 egiziani, con punte massime di 1.350, 59 italiani, poi abbiamo estoni, svizzeri, colombiani, paraguaiani, tedeschi… Il trend è sempre più internazionale per rispondere alle esigenze di una clientela multietnica e multiculturale.
D. Qual è la percentuale di clientela italiana?
R. Sempre molto alta, il 60 % minimo, e in alcuni periodi classici, ancorati alle festività italiane, raggiungiamo anche l’80%. Comunque, da quando abbiamo nostri tour operator nei Paesi Baltici, in Russia, in Ucraina, abbiamo incrementato di un buon 20% l’occupazione in generale.
D. Ci sono differenze fra la clientela italiana e quella di altri paesi?
R. L’italiano è un cliente più disponibile, a cui piace divertirsi in un certo modo. Con la nostra gestione italiana possiamo ovviamente rispondere bene alle sue aspettative. Ma per noi è molto positivo avere rapporti anche con clienti di altre culture.
D. Quale tipo di clientela vorreste sviluppare meglio?
R. Il turismo proveniente dai paesi mediorientali, clienti capaci a livello economico, che non vogliono essere criticati se ad esempio bevono alcolici. Il Coral bay può essere la destinazione ideale per sauditi e kuwaitiani che desiderino sentirsi più liberi.
D. Pensi a nuovi traguardi professionali?
R. Potrebbe essere la direzione di diverse strutture alberghiere che facciano capo a una stessa regione, che sia il Medioriente o l’Africa…
D. Con questo lavoro così impegnativo, sei riuscito a conciliare la vita affettiva con quella professionale?
R. No, ho dovuto sacrificarla. In questa professione bisogna scegliere l’una o l’altra; è difficile comprendere le esigenze di un lavoro che assorbe totalmente: quando l’ufficio diventa la casa e la casa solo un posto per riposarsi… è difficile da capire! Per il momento.
D. Hai rimpianti, magari per l’Italia?
R. No. Sin da bambino sognavo di vivere una realtà multiculturale, il sogno si è realizzato e questa esperienza è veramente stimolante: ho moltissime idee ed energie da dedicarvi.

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