Job In Tourism > News > News > A Punta Ala si trova un’isola felice

A Punta Ala si trova un’isola felice

Di Anna Romano, 14 Ottobre 2005

www.golfhotelpuntaala.it
A discapito delle cattive notizie sul mondo dell’hôtellerie c’è un’isola felice nel panorama alberghiero italiano, il Golf Hotel di Punta Ala, che ha chiuso la stagione estiva con un +50% di presenze e +35% di fatturato. Al direttore Antonio Laurenzana abbiamo chiesto quale siala formula magica di questo successo.
«Non si tratta di magia», risponde, «si tratta semplicemente di un riposizionamento del Golf Hotel a canoni più attuali di vendita e comunicazione. Abbiamo reso più fruibile il prodotto, ricorrendo a strumenti che già funzionano in altre dimensioni più commerciali. Faccio un esempio: generalmente un albergo di fascia medio-alta, come il Golf Hotel, applica tariffe ragguardevoli già sulle camere. Oltre a ciò, aggiunge supplementi esorbitanti per gli altri servizi: spiaggia, frigobar, vini e bevande varie. Noi, invece, abbiamo scelto un’altra politica: applichiamo una tariffa complessiva a giornata, che comprende tutto».
Una scelta che qualcuno potrebbe interpretare come troppo simile alla logica dei villaggi turistici. Ma Laurenzana è pronto a obiettare: «Non vedo il problema. Anzi, perché non partire proprio da quel concetto per trasferirlo anche ad alberghi di rango? Non è obbligatorio offrire il vino in caraffa; è sufficiente includere una selezione di vini, nel nostro caso tipici toscani di livello adeguato al Golf hotel. Se poi il cliente vuole gustare una bottiglia di Sassicaia o Brunello d’annata, naturalmente è libero di farlo e noi glielo diamo a un prezzo ragionevole». E aggiunge: «Ovviamente non è tutto qui: il nostro successo è stato raggiunto anche grazie alla cordialità e alla professionalità del personale, collaboratori che già da diversi anni lavorano al Golf Hotel, e che a mio avviso costituiscono la vera forza del nostro servizio».
Tuttavia il Golf Hotel Punta Ala è un albergo stagionale, e di solito questo comporta un considerevole turnover. Non è facile assicurarsi che il personale ritorni la stagione successiva. «Personalmente cerco di impegnarmi affinché il gruppo rimanga unito, anche se nella stagione invernale è quasi impossibile. Ma, reparto per reparto, si riesce a trovare alberghi in montagna che hanno bisogno di uno staff collaudato e amalgamato. Io stesso invio diversi fax ad albergatori conoscenti e amici, chiedendo loro se hanno bisogno di personale per la stagione invernale. Spesso capita che mi chiedano un solo elemento per reparto, anche se sarebbe un affare assumere tutto lo staff, che appunto è già collaudato e non presenta problemi di sorta. Faccio un esempio: far funzionare la cucina, sempre un reparto difficile, è molto meno problematico se si trova tutto il gruppo che ha già lavorato insieme e ha già superato la fase di rodaggio».
Il problema effettivamente è sentito, dal momento che una stagione dura mediamente quattro-cinque mesi, in montagna anche meno. «Quando i gruppi sono poco amalgamati», spiega Laurenzana, «dopo il primo mese, in cui si creano simpatie e antipatie, si entra in una fase neutra e nell’ultimo mese si passa a un clima un po’ da fine anno scolastico in cui ognuno va per conto proprio. Nei gruppi che collaborano da tempo è molto più difficile. In un hotel non basta preoccuparsi del design, è molto importante avere in cucina una brigata che lavori in armonia, perché negli alberghi stagionali non c’è tempo di aggiustare il tiro».

Comments are closed

  • Categorie

  • Tag

Articoli Correlati