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8 marzo, 7 donne su 10 dichiarano molestie al lavoro

I dati sono quelli diffusi da Fondazione Libellula in occasione della Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne dai quali emerge come le più esposte siano le donne manager, dirigenti e imprenditrici

I dati sono quelli diffusi da Fondazione Libellula in occasione della Giornata Internazionale dei Diritti del

Di Job in Tourism, 8 Marzo 2024

Sette su dieci: sono le donne che si dichiarano vittime di molestie avendo ricevuto complimenti, allusioni e osservazioni sul proprio corpo che le hanno messe a disagio sul posto di lavoro. In occasione della Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne, Fondazione Libellula ha pubblicato i dati della survey “Ti Tocca”, compiuta su un campione di 11.201 donne al fine d’indagare la violenza di genere e le discriminazioni nel mondo del lavoro in Italia.

I dati

Secondo quanto emerso, dunque, il 70% del campione ha dichiarato di aver ascoltato battute sessiste o volgari, rivolte a loro stesse o ad altre donne, sul posto di lavoro: quest’esperienza è stata sperimentata soprattutto dalle lavoratrici che non hanno un partner stabile o che lavorano in aziende con meno di 49 dipendenti. Ma c’è di peggio: il 40% ha subito contatti fisici indesiderati, un dato in netto aumento rispetto al 2022 (+81% circa), mentre il 43% ha ricevuto avance esplicite indesiderate e il 27% ha segnalato richieste e comportamenti di natura sessuale non graditi o non sollecitati.

Più si sale di ruolo, più aumentano le molestie

Alle donne manager, se possibile, va anche peggio: il 77% di loro e il 75% delle dirigenti ha sentito spesso o a volte commenti sul proprio corpo che le hanno messe a disagio. Ugualmente, il 79% delle dirigenti e il 76% delle manager è stata oggetto o ha ascoltato delle battute sessiste o volgari verso altre donne, rispetto alla media di circa il 70%. E se parliamo poi dei contatti fisici indesiderati, la percentuale media del campione (40%) cresce fino al 47% per le dirigenti e al 54% per le imprenditrici.

Ma forse l’aumento più significativo si riscontra sui dati riguardanti le avance esplicite indesiderate di cui sono state vittime il 64% delle imprenditrici e il 54% delle dirigenti, e le richieste di natura sessuale non gradite o non sollecitate (27%), che hanno riguardato il 45% delle imprenditrici e il 35% delle dirigenti.

Ma perché i dati riguardanti le donne con ruoli di potere sono peggiori della media? Fondazione Libellula avanza alcune ipotesi. La prima suggerisce che queste donne siano più consapevoli della situazione; l’alternativa ipotizza che, occupando posizioni storicamente riservate agli uomini, siano soggette a comportamenti che le depotenziano, le sminuiscono o le “oggettificano”, come se venissero “rimesse al loro posto di donna”. Quest’ultima ipotesi troverebbe conferma in un altro dato significativo emerso dal report, secondo cui l’88% delle dirigenti e delle manager vede gli uomini crescere professionalmente più velocemente delle donne.

Discriminazioni e molestie sul posto di lavoro continuano, quindi, ad andare di pari passo, evidenziando “un grave problema culturale e strutturale: l’Italia – osserva Fondazione Libellulia – si attesta stabilmente all’ultimo posto in Europa da oltre un decennio per quanto riguarda la parità di genere, in relazione ad esempio alla segregazione lavorativa o alla partecipazione ai processi decisionali”.

Il nodo retribuzione

Lo dimostrano anche i dati diffusi, sempre in occasione dell’8 marzo da Indeed, secondo i quali il 63% delle donne italiane lavoratrici ritiene di essere sottopagata (la media globale è del 56%). Interessante notare come, a fronte di questi numeri, solamente il 38% delle donne italiane abbia però chiesto nell’arco della propria carriera un aumento di stipendio, a fronte di una media globale del 43%. La mancanza di fiducia in sé stesse (14%) o la mancanza di informazioni su quale sia lo stipendio adeguato al proprio ruolo (13%) non sono gli aspetti che hanno maggiormente frenato le donne italiane: quasi il 20%, infatti, indica di non averla nemmeno considerata come un’opzione percorribile, mentre il 31% non ha avanzato pretese per timore di conseguenze negative.

 

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