È in vigore già da giugno seppur sia poco conosciuto. È l’esonero per le assunzioni di donne disoccupate vittime di violenza, già beneficiarie del reddito di libertà. Un’agevolazione contributiva per le aziende che punta a favorire il reinserimento lavorativo promuovendo in questo modo l’indipendenza economica, il benessere e la salute fisica, mentale e sociale delle donne che hanno subito forme di violenza fisica o sessuale e che si trovano senza lavoro.
Come funziona l’esonero contributivo
Il provvedimento è entrato in vigore lo scorso giugno. Come specificato dall’Inps, l’esonero spetta ai datori di lavoro privati che assumono, nel triennio 2024-2026, donne disoccupate vittime di violenza, già beneficiarie della misura del “reddito di libertà”, entrata in vigore a fine 2020.
Il reddito di libertà è un contributo economico stabilito nella misura massima di 400 euro mensili pro capite, concesso in un’unica soluzione per massimo 12 mesi, e finalizzato a sostenere prioritariamente le spese per assicurare l’autonomia abitativa e la riacquisizione dell’autonomia personale, nonché il percorso scolastico e formativo dei figli o delle figlie minori delle donne vittime di violenza.
L’esonero per le assunzioni è il secondo step di questo percorso. La misura è, infatti, destinata alle donne vittime di violenza, senza figli o con figli minori, seguite dai centri antiviolenza riconosciuti dalle Regioni e dai servizi sociali nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, al fine di contribuire a sostenerne l’autonomia, che siano cittadine italiane o comunitarie oppure, in caso di cittadine di Stato extracomunitario, in possesso di regolare permesso di soggiorno. La lavoratrice deve soddisfare, alla data dell’assunzione, i seguenti due requisiti: essere disoccupata ed essere percettrice del reddito di libertà.
L’esonero contributivo in esame spetta per le assunzioni a tempo indeterminato, per la durata di 24 mesi, e per le assunzioni a tempo determinato per la durata di 12 mesi. Riguarda inoltre le trasformazioni a tempo indeterminato di un precedente rapporto a termine, sia già agevolato che non agevolato, per la durata di 18 mesi a partire dalla data dell’assunzione a tempo determinato. L’esonero spetta anche in caso di part-time e per i rapporti di lavoro subordinato instaurati in attuazione del vincolo associativo stretto con una cooperativa di lavoro.
In quali casi è valido l’esonero
L’agevolazione contributiva è valevole per le sole assunzioni e trasformazioni effettuate nel triennio 2024-2026 e si sostanzia nell’esonero dal versamento del 100% dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro privati, nel limite massimo di importo pari a 8mila euro all’anno, riparametrato e applicato su base mensile, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
Cosa possono fare le aziende per sostenere le donne vittime di violenza
Ma non ci sono solamente le agevolazioni fiscali. In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne di lunedì prossimo, 25 novembre, ADP, azienda che si occupa di gestione del capitale umano, ha evidenziato quali sono gli altri ambiti sui quali le aziende possono agire internamente per sostenere le donne che sono state vittime di violenza, ma anche per promuovere una cultura paritaria e di rispetto della persona e dei diritti già al proprio interno.
L’importanza della formazione
Il primo step – evidenziano gli esperti HR – è la formazione del personale, di manager e responsabili HR prima di tutto, perché imparino a riconoscere i segnali di violenza domestica e sappiano come rispondere in maniera appropriata. “La formazione – è il suggerimento – dovrebbe includere sessioni su empatia, ascolto attivo e conoscenza delle risorse locali e nazionali a disposizione delle vittime”.
Il supporto psicologico
Fondamentale poi pensare a un supporto psicologico, con la possibilità di stipulare convenzioni con psicologi o centri di supporto per fornire consulenze gratuite o a prezzo agevolato ai dipendenti vittime di violenza o di attivare un servizio di “counseling” interno, con specialisti qualificati disponibili per consulenze “riservate”.
Le aziende possono anche collaborare con enti e associazioni specializzate nella lotta contro la violenza domestica: “Queste partnership – suggeriscono da ADP – possono offrire alle vittime un accesso più rapido a risorse come rifugi, assistenza legale e servizi di supporto. Inoltre, le organizzazioni possono partecipare a campagne di sensibilizzazione e formazione promosse da queste realtà”.
La cultura aziendale
Infine, promuovere una cultura aziendale basata sul rispetto, la dignità e la solidarietà è essenziale per prevenire e combattere la violenza domestica: “Le aziende possono organizzare eventi di sensibilizzazione, diffondere materiali informativi e incoraggiare una comunicazione aperta su questi temi”.
“Le aziende – sottolinea Elena Falconi, Senior HR Director Southern Europe di ADP Italia – hanno un ruolo chiave nella protezione e nel supporto dei dipendenti vittime di violenza domestica. Implementare politiche efficaci e offrire un ambiente di lavoro sicuro e comprensivo non solo aiuta le vittime a ricostruire la propria vita, ma contribuisce anche a creare una società più giusta e solidale”.
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