Quiet cutting, boomerang employees, great exhaustion: il mondo del lavoro post-pandemia ci ha abituato a definizioni sempre più articolate per descrivere i cambiamenti veloci che lo attraversano. Ma cosa vogliono dire queste espressioni e cosa ci raccontano delle nuove esigenze espresse dai lavoratori? In occasione del 1° maggio, Giornata Internazionale dei Lavoratori, GoodHabitz, piattaforma internazionale per la formazione aziendale, ha stilato un glossario per aiutare i professionisti delle risorse umane a riconoscere e navigare le dinamiche emergenti di questo panorama in continua evoluzione: dieci parole che raccontano altrettante tendenze curiose da tenere d’occhio. Ecco quali sono.
Un nuovo vocabolario
Si parte con “quiet cutting“, il termine che si riferisce alle aziende che rimodulano i dipendenti in ruoli diversi piuttosto che licenziarli del tutto. Questa pratica aiuta le aziende a ridurre i costi e a trattenere i talenti, anche se va a scapito delle aspirazioni di carriera dei dipendenti.
Ci sono poi i “boomerang employees“, ovvero i lavoratori che lasciano un’azienda per poi ritornare in seguito. Il vantaggio di questo tipo di staff è che la loro familiarità con la cultura aziendale rende spesso agevole il loro reinserimento e dall’altra parte porta una ventata di nuove competenze.
I “green collar jobs” sono, invece, i ruoli incentrati sulla responsabilità ambientale, sulle energie rinnovabili e sulle pratiche commerciali sostenibili. Queste posizioni stanno acquisendo importanza man mano che le aziende si sforzano di raggiungere gli obiettivi ESG.
La “leadership blue ocean” è la “strategia dell’oceano blu”: questo stile di leadership si concentra sull’innovazione e sulle opportunità di mercato non sfruttate, piuttosto che sulla competizione in settori saturi. I leader che adottano questo approccio danno priorità alla risoluzione creativa dei problemi e alla differenziazione.
Fa il paio con la “leadership empatica“, un approccio che valorizza le emozioni e le esperienze dei dipendenti, caratterizzato da autenticità, flessibilità e ascolto, nella consapevolezza che riconoscere i propri errori, condividere emozioni e chiedere supporto non è un segno di debolezza, ma una dimostrazione di forza.
C’è poi il “reverse mentoring“, una peculiare situazione in cui i dipendenti più giovani insegnano ai colleghi più anziani, che si verifica in settori come la tecnologia e le tendenze digitali, dove i più giovani tendono ad avere un vantaggio e ad essere maggiormente ricettivi.
Il “talent cloud” fa riferimento alla crescita del lavoro da remoto e dei freelance che fa sì che le organizzazioni stiano attingendo sempre più a un pool virtuale di professionisti globali che possono essere ingaggiati su un determinato progetto, consentendo l’accesso ai migliori talenti senza limitazioni geografiche.
Non può mancare il riferimento all’intelligenza artificiale con la “augmented workforce“, cioè l’integrazione di IA e automazione per migliorare la produttività senza sostituire il talento umano.
E, ancora, la “neurodiversity hiring“: riconoscendo il valore delle diverse abilità cognitive, le aziende stanno infatti assumendo attivamente dipendenti neurodivergenti, ovvero persone con un funzionamento neurologico diverso dalla norma, per le loro capacità uniche di risoluzione dei problemi e di pensiero innovativo.
Infine, lo “skill based recruiting”: al posto di quelle basate esclusivamente su titoli di studio e credenziali, stanno aumentando le “assunzioni basate sulle competenze”, che enfatizzano le capacità pratiche e l’esperienza, rendendo le assunzioni più inclusive e dinamiche.
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