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Hotel, il futuro scorre sullo smartphone

Secondo Bookassist l’anno scorso il 50% del traffico diretto generato verso i siti degli alberghi è arrivato dai mobile device. Ecco tutte le novità emerse a Bto

Secondo Bookassist l’anno scorso il 50% del traffico diretto generato verso i siti degli alberghi è arriva

Di Job in Tourism, 10 Aprile 2019

Tutto a portata di smartphone: avanza la percentuale di ricerche e prenotazioni alberghiere effettuate tramite cellulare (o tablet), ma il potere del mobile non si ferma a questo. Gli hotel si stanno attrezzando per offrire ai propri clienti un servizio automatizzato grazie ad App tuttofare. Ma ci sono naturalmente ancora nodi da sciogliere per le aziende.
Di tutto questo si è parlato all’ultima edizione di Bto, la manifestazione sul turismo online e digitale andata in scena a fine marzo alla Stazione Leopolda di Firenze, e che tra panel, incontri tecnici e aziende di tecnologia digitale applicate al turismo ha posto l’accento su una serie di questioni. Tra le più importanti quella delle prenotazioni alberghiere.

Secondo i dati dell’Osservatorio di Bookassist, agenzia attiva nel campo del marketing online e delle tecnologie applicate all’industria alberghiera, le ricerche di hotel da mobile stanno raggiungendo un punto di piena maturazione. Nel 2018 il 50% del traffico diretto generato verso i siti web degli hotel è arrivato dai mobile device, con in testa i mercati inglese, irlandese, spagnolo e portoghese dove un utente su due sceglie, già oggi, l’hotel “on the go” da smartphone.

In Italia e nei Paesi del Centro Europa, invece, le percentuali di traffico dai dispositivi mobile smart si abbassano a poco più di un terzo. Il traffico del mercato italiano arriva ad un 34% con un incremento del +2%.

Gli hotel italiani

Quali sono i viaggiatori più propensi a prenotare via smartphone? I website alberghieri italiani, sempre secondo la campionatura di Bookassist (oltre 2000 alberghi globalmente), hanno visto un +13% di incremento di revenue proveniente da prenotazioni su telefonino, con uno share sul totale delle prenotazioni online dirette che si assesta al 12% sul totale. Invece è a doppia cifra la crescita per quanto riguarda le prenotazioni e il fatturato generato dalle prenotazioni su smartphone dei mercati europei: i Paesi anglofoni guidano il cambiamento con un quarto del fatturato del sito web generato da contatti tramite smartphone e un incremento annuale che arriva al +13%. I mercati di lingua tedesca hanno subito un’accelerata con +39% del fatturato prodotto da mobile nel 2018 rispetto all’anno precedente. Le tendenze dimostrano come sempre più lo smartphone sia il device preferito specialmente da chi viaggia ed è sempre in movimento. Le persone lo usano ogni giorno per trovare informazioni, raggiungere un luogo o fare una prenotazione, tanto che nel mondo la metà delle persone che acquista online lo fa da un cellulare.

La sfida della velocità in casa Google

Sono solo rose e fiori? In realtà, anche questa espansione che sembra senza battute d’arresto ha i suoi elementi di rischio, di cui dovrebbero tener conto soprattutto le aziende, come quelle dell’ospitalità. La parola d’ordine, soprattutto per quanto riguarda la fruibilità dei contenuti online, è la velocità.
Questo è quanto conferma il gigante Google: secondo le analisi effettuate di recente dal colosso, se un sito non si carica entro 3 secondi, il 53% dei visitatori lascia la pagina, e l’azienda in questione rischia di perdere un’occasione.
E proprio Google ha lanciato al Mobile Congress di Barcellona il nuovo Test my Site, uno strumento gratuito che permette alle aziende di analizzare la velocità del proprio sito o delle singole pagine e di ottenere suggerimenti pratici per l’ottimizzazione.
Secondo Furio Gianforme, head of Travel Italy di Google intervenuto a Firenze, ogni secondo di ritardo può far diminuire le performance sugli acquisti del 20%. Ma attenzione a non sottovalutare le potenzialità che anche il pc può ancora esprimere anche di fronte all’avanzata del mobile: secondo Google, infatti, nonostante il 52% del traffico mondiale arrivi da smartphone e quindi il traffico da mobile sia fortemente in crescita, quello da desktop converte il doppio negli acquisti.

A Budapest per l’hotel smart

E gli hotel smart ovviamente esistono già, e uno si trova proprio in Europa: è il Kvi Hotel di Budapest, interamente gestibile tramite smartphone.

Dalla prenotazione al check-in e al check-out, dal pagamento del soggiorno e dei servizi fino all’apertura della porta in camera, tutte le operazioni sono realizzabili tramite app. Gli ospiti hanno accesso illimitato 24 ore su 24, 7 giorni su 7, all’edificio dell’hotel, potranno fare il check-in da qualsiasi luogo, usufruendo così di un servizio in mobilità, delocalizzato e automatizzato. Basta lo smartphone per prenotare la colazione o chiamare un taxi: anche il servizio di concierge si virtualizza. E per chi ancora tentenna e cerca la voce umana? Si può contattare un servizio di assistenza attivo 24 ore. E se il cellulare si scarica lasciandoci fuori dalla camera? L’hotel mette a disposizione dei caricatori nella lobby.

Dall’energia solare a Marte: trend hi-tech tra sogno e realtà

Tra smart e dream hotel c’è di mezzo il futuro: se Intelligenza artificiale, device intelligenti e robot stanno già facendo capolino nel mondo dell’ospitalità, le sperimentazioni della tecnologia, unite a un pizzico di immaginazione, possono farci volare già altrove, nel vero senso della parola. In attesa di sapere quando i viaggi nello spazio di cui da tanto tempo si parla diverranno realtà, scopriamo Marina, ovvero il progetto premiato dalla NASA all’interno del contest Revolutionary Aerospace Systems Concepts tra le università.
Marina sta per Managed, reconfigurable, in-space nodal assembly, è stato elaborato dal MIT Massachusetts Institute of Technology ed è una stazione orbitante in cui ogni modulo di ospitalità avrà piena autonomia per ciò che riguarda alimentazione, acqua, aria, controllo termico, controllo della gravità (sarà possibile effettuare la permanenza in assenza di gravità, vivendo le stesse sensazioni degli astronauti).

Redwood Forest è invece un progetto futuristico che anticipa un 2035 in cui la vacanza su Marte potrebbe essere una realtà. Ad ospitarci una vera e propria città-albero capsula, che sfrutterà in una logica sostenibile le risorse del sottosuolo attraverso i suoi canali radice.
Ma qualcosa si muove – naturalmente – anche sul Pianeta Terra: per scoprire le nuove frontiere per un’ospitalità totalmente sostenibile e solar-powered ci possiamo spostare in Qatar, Bahrein e alle Maldive, con il progetto Eco-Floating Hospitality Experience; un’esperienza alberghiera sull’acqua dove si potrà alloggiare in Water Nest la cui struttura sarà realizzata con materiali 100% riciclabili e le cui funzioni saranno alimentate da energia prodotta dal sole e dalle correnti marine, così da avere un risparmio energetico del 50% rispetto ad una normale struttura alberghiera.

E a chi non desidera sprecare neanche un minuto in “tempi morti”, come quelli del viaggio per esempio, potrebbe piacere l’Autonomus Travel Suite di Steve Lee. Di cosa si tratta? Di un’iniziativa che integra trasporto e ospitalità attraverso una suite mobile senza conducente che offre il servizio di trasporto door to door tra la casa del viaggiatore e la destinazione. L’ambiente è compatto, punta a ricreare il comfort di una camera d’albergo, la suite è dotata dei servizi base per dormire e lavorare. Utilizzando la tecnologia di guida autonoma, la travel suite potrebbe funzionare come veicolo personale e camera d’albergo mobile, due in uno. I servizi naturalmente si potranno richiedere via app, e per aumentare il grado di tecnologia dell’esperienza non è escluso che entrino in gioco anche droni e robot di supporto. Tutto gestito da un’intelligenza artificiale che dovrebbe integrarsi con i sistemi smart della città. Il che naturalmente comporterebbe una “accelerata” dell’evoluzione futuribile nell’intero tessuto ricettivo.

La gastrofisica

Che il food sia diventato un concetto multisensoriale è ormai cosa nota: basti pensare alle creazioni dei grandi chef che portano in piatto composizioni che sfiorano il design e puntano ad appagare gli occhi prima ancora che il palato. E poi l’enogastronomia è ormai tra le più richieste da un turismo diventato “esperienziale”, al costo di inflazionare il concetto. Ma forse non tutti sanno che c’è qualcuno che di tutto questo è arrivato a creare una scienza, e già vent’anni fa. Parliamo della “gastrofisica” di Charles Spence, professore di Oxford anche lui tra gli ospiti internazionali dell’ultima edizione di Bto.
Cos’è la gastrofisica? Una scienza che parla di cibo attraverso il gioco dei 5 sensi e dell’ambiente circostante, fattore determinante in grado di cambiare umore e giudizio di quello che si ha davanti al piatto.
Il professore è anche autore di un libro: Gastrophysics: The New Science of Eating. Tra chi ha compreso che quella del cibo deve essere un’esperienza multisensoriale per restare indelebile nella memoria delle persone c’è chi a tavola fa trovare una conchiglia con le cuffie per ascoltare lo sciabordio dello onde. Per non parlare naturalmente del fenomeno del social eating, che al piacere di gustare un buon piatto abbina quello di fare amicizia con i commensali.

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