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Turismo enogastronomico: i lavori del futuro

Un “libro bianco” racconta quali sono le figure professionali che saranno richieste da uno dei settori più dinamici e in espansione del nostro turismo: scopriamo quali sono

Un “libro bianco” racconta quali sono le figure professionali che saranno richieste da uno dei settori pi

Di Job in Tourism, 15 Settembre 2025

Il product manager e l’hospitality manager, il consulente e il curatore di esperienze: tutti specializzati nella gestione e promozione del turismo enogastronomico. Sono queste le figure-chiave individuate dall’indagine esplorativa sul settore che ha portato alla redazione del “Libro bianco sulle professioni del turismo enogastronomico”. Il documento strategico traccia il futuro delle professioni legate a un comparto fondamentale e tra più dinamici del turismo italiano, che esprime un valore stimato in 40 miliardi di euro, ma patisce sia per numero che per formazione la mancanza di profili professionali adatti a sostenerne adeguatamente lo sviluppo.

Il “Libro bianco” – come raccontiamo in questo approfondimento dall’ultimo numero del nostro magazine sfogliabile per intero a questo link – è stato redatto dall’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico in collaborazione con UnionCamere e una rete di soggetti territoriali che si occupano di enogastronomia e con il contributo del Center for Higher Education and Youth Employability dell’Università degli Studi di Bergamo. L’indagine esplorativa, coordinata da Roberta Garibaldi, ha voluto comprendere le modalità organizzative e le criticità connesse alla gestione dell’offerta turistica nelle aziende agroalimentari e vitivinicole, evidenziando tendenze costanti e necessità strutturali comuni. Obiettivo: arrivare alla definizione di profili professionali definiti, mansioni e competenze che possano aprire a nuove opportunità di lavoro e, insieme, favorire lo sviluppo del turismo enogastronomico italiano, facilitando l’integrazione del turismo nelle realtà produttive. Ecco, dunque, quali sono i profili-chiavi che emergono dall’indagine.

Il product manager

Il primo è quello del product manager per il turismo enogastronomico. Si tratta di una figura chiave che dovrebbe inserirsi non nelle realtà produttive, bensì nelle DMO (Destination Management Organization) o nei consorzi. Compito principale di questo professionista è l’attivazione, nel territorio di appartenenza, delle sinergie necessarie a sviluppare il prodotto del turismo enogastronomico, dallo sviluppo e offerta di esperienze alla messa in rete delle imprese locali, affinché il turista possa essere accolto e “coccolato” in tutte le fasi della customer journey attraverso un’offerta turistica integrata.

L’hospitality manager

Un processo cruciale per lo sviluppo del turismo delle aziende produttrici come le cantine, i frantoi e i caseifici è, poi, l’hospitality management. Nelle microimprese è la proprietà stessa a gestire direttamente questa funzione, con figure operative spesso impiegate part-time e non dedicate in modo esclusivo al turismo. Anche nelle realtà di dimensioni maggiori prevale a oggi la gestione diretta, mentre solamente le aziende con oltre 5mila visitatori all’anno – emerge dall’indagine – hanno adottato una business unit dedicata, dotata di un proprio manager di riferimento e di un budget specifico. Eppure, una figura destinata a essere sempre più richiesta dal mercato è proprio quella dell’hospitality manager, che si occupa della pianificazione, organizzazione e gestione dei servizi turistici, della promozione verso i mercati nazionali e internazionali, del coordinamento del personale, fino alla vendita diretta dei prodotti. “L’investimento in questa figura professionale – spiega la curatrice del rapporto, Roberta Garibaldi – potrà determinare un numero particolarmente alto di assunzioni nei prossimi anni: le intenzioni delle aziende oscillano infatti tra il 33% e il 71% in base alla loro dimensione. È comunque necessario definire le precise competenze, anche per rafforzare i percorsi formativi collegati”.

Il consulente

C’è poi la figura del consulente di turismo enogastronomico, che può essere un professionista indipendente o un collaboratore di DMO o consorzi che può supportare le imprese nella strutturazione dell’esperienza e nella gestione di tutte le fasi del processo turistico, dal CRM al revenue management alla vendita multicanale: una figura che può rivelarsi di grande supporto per l’imprenditore agricolo, che solitamente ha competenze focalizzate sulla parte strettamente produttiva. Si tratta di una figura innovativa, ma che sarà cruciale in un settore che con l’intelligenza artificiale è in profondo cambiamento. 

Il curatore di esperienze

Un altro profilo fondamentale, infine, è quello del curatore di esperienze enogastronomiche: una figura pensata come di supporto alle aziende produttive in momenti chiave delle attività stagionali, come la vendemmia o la raccolta delle olive. I compiti di questo libero professionista sono l’organizzazione di esperienze enogastronomiche da realizzare quando l’imprenditore e il suo staff sono impegnati in attività produttive, la creazione e la conduzione di itinerari turistici integrati tra realtà produttive e food-tour urbani, l’accompagnamento nelle differenti esperienze. “In questo modo – evidenzia Garibaldi – il curatore di turismo esperienziale si pone come un ponte tra il turismo stesso e l’enogastronomia. Definire e valorizzare con un percorso professionale questa figura permetterebbe di valorizzare il potenziale dei laureati in Scienze gastronomiche, dei sommelier, degli esperti di formaggi o dei ristoratori che vogliono estendere il proprio contributo al settore. Permetterebbe di dare contorni netti a chi oggi svolge parzialmente questo lavoro per la non chiarezza normativa, che si distingue per l’approccio innovativo e focalizzato sul patrimonio enogastronomico”.

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