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Come si diventa commendatore

Il riconoscimento per meriti professionali, etici e sociali

Il riconoscimento per meriti professionali, etici e sociali

Di Massimiliano Sarti, 5 Novembre 2010

Una giornata importante, coinvolgente e soprattutto di grande emozione. È quella che ha vissuto, lo scorso 26 ottobre, Palmiro Noschese, quando, presso la prefettura di Roma, è stato insignito del titolo di commendatore della repubblica. «Mi sono sentito bene: sereno, realizzato e in pace con me stesso», è il commento dell’area manager Sol Melià Hotels in Italia. Incontrato un paio di giorni dopo la cerimonia, per una veloce colazione nella sua casa meneghina, il Melià Milano, Noschese è visibilmente soddisfatto, quasi rilassato, nonostante lo aspetti una delle sue consuete giornate piene di impegni e appuntamenti di lavoro: «Quando mi hanno consegnato l’onorificenza», prosegue, «ho guardato negli occhi mia moglie, mio padre e mia madre, e ho capito che stavano provando un’emozione simile alla mia. Proprio a loro, così, e ai miei figli, ho deciso di dedicare questo titolo».
Domanda. Dica la verità: agli inizi della sua carriera nell’ospitalità, avrebbe mai immaginato di diventare, un giorno, commendatore della repubblica?
Risposta. No davvero. Anche solo per il semplice fatto che allora conoscevo ancora poco il mondo delle onorificenze.
D. Già. Come si raggiunge un riconoscimento così prestigioso?
R. Il titolo corrisponde al terzo grado della scala gerarchica dell’ordine al merito della repubblica italiana. Per iniziare il cursus honorum, dal grado di cavaliere, occorre, in particolare, essere segnalati da qualcuno: nel nostro caso di hotelier, si tratta di solito di rappresentanti delle associazioni di categoria, oppure di qualche cliente. A ciò segue quindi un’indagine approfondita per valutare i titoli del candidato: un’analisi che continua nel tempo e che consente ai più meritevoli di raggiungere i gradi più alti dell’ordine.
D. E quali sono le ragioni alla base del conferimento del titolo?
R. In realtà sono molte, diverse tra loro e difficili da catalogare. Ma in linea generale, si può dire che rispondano tutte a caratteristiche al contempo di ordine etico, professionale e sociale.
D. E nel suo caso?
R. Arduo dirlo con precisione: non esiste, infatti, un documento con l’elenco delle motivazioni ufficiali, come avviene per molti dei principali riconoscimenti tipici del mondo dell’hôtellerie. Io posso perciò solo provare a dedurre quali siano state le ragioni che mi hanno permesso di diventare commendatore.
D. Dal punto di vista etico, per esempio?
R. Credo che abbia contato molto la mia capacità di coniugare lavoro e vita familiare. Conosco mia moglie da quasi 25 anni, siamo sposati da 16 e abbiamo tre figli: in tutto questo tempo io ho cambiato città quattro volte. La decisione, però, l’abbiamo sempre presa insieme e devo ringraziare proprio mia moglie, che è medico e che ha sempre saputo avere la pazienza e la capacità di trovare nuove occasioni lavorative per sé ovunque ci siamo trasferiti.
D. Dal lato professionale, invece?
R. È una questione di serietà e di continuità. Essere un buon professionista dell’ospitalità non significa, infatti, dare il meglio di sé solo in presenza di un ospite speciale o di un mistery guest, inviato appositamente per valutare le performance del proprio hotel. Ma garantire sempre e in ogni momento i medesimi standard di servizio. Il tutto senza dimenticare che l’ospitalità non è fatta solo di numeri, ma del giusto equilibrio tra emozioni e razionalità. Sono fermamente convinto, infatti, che un servizio d’eccellenza possa trasformarsi in un’esperienza coinvolgente per gli ospiti, solo quando l’accoglienza è arricchita da stimoli sensoriali, capaci di rendere ogni soggiorno un momento indimenticabile. Nel mio caso specifico, inoltre, credo che sia stata determinante anche la capacità, dimostrata dalla compagnia da me rappresentata in Italia, di affrontare la difficile congiuntura degli ultimi due anni senza ricorrere ad alcun licenziamento e al contempo mantenendo una buona solidità finanziaria.
D. Rimane ancora un punto: quello sociale.
R. Che peraltro è legato a doppio filo alla vita professionale. Da sempre, infatti, partecipo alle attività associative: già 20 anni fa contribuii alla fondazione dell’Amicale internationale des sous directeurs et chefs de réception des grand hôtels (Aicr) e oggi sono tesoriere e consigliere dell’Associazione italiana catene alberghiere (Aica), membro di giunta in Federturismo, nonché socio della European hotel managers association (Ehma), di cui curo il gruppo di lavoro italiano per i rapporti istituzionali.
D. Impegni di famiglia, compiti aziendali e vita associativa: una triade difficile da gestire adeguatamente, senza rischiare di trascurare almeno uno dei tre aspetti.
R. È un po’ come giocare a scacchi: occorre saper coordinare i propri pezzi, analizzando la posizione di ogni singola pedina senza al contempo perdere di vista la strategia generale.
D. A proposito di strategia generale: cosa occorre fare per migliorare il futuro del turismo italiano?
R. Quello che stiamo cercando di fare in Ehma e in Aica. Nel primo caso ci stiamo attivando, soprattutto con il gruppo di lavoro che io dirigo, per aumentare la visibilità del nostro comparto agli occhi delle istituzioni. Con Aica, invece, abbiamo presentato a settembre uno studio in cinque punti, realizzato in collaborazione con la società di consulenza PricewaterhouseCoopers: un piano d’azione dettagliato e comprensivo di costi e previsioni sul ritorno di investimento, che mira a realizzare l’obiettivo di raddoppiare il contributo del turismo al pil nazionale. Anche se finora dalle istituzioni non abbiamo ricevuto alcuna risposta.
D. Ma è davvero possibile?
R. Non è solo possibile: è necessario. I nostri competitor europei, come Francia e Spagna, stanno infatti già attuando piani simili per il rilancio dei loro rispettivi comparti turistici. Non possiamo rischiare di perdere ulteriore terreno.

La carriera

Diplomatosi alla scuola alberghiera, Palmiro Noschese inizia a fare le sue prime esperienze significative in Italia, Inghilterra e Belgio, dove conosce tutti i reparti dell´albergo: dal food and beverage alle vendite, dal ricevimento all´amministrazione. Trascorre quindi sei anni in Jolly Hotels, dove arriva a ricoprire il ruolo di vicedirettore. Due anni al Touring Club Italiano, poi, gli consentono di approfondire il mercato leisure e, nel 1998, diventa direttore dell´hotel Barchetta Excelsior di Como (gruppo Villa d’Este). Richiamato successivamente da Jolly Hotels per lo start-up di un albergo a Bologna, nel 2002 inizia il suo lungo percorso in Sol Melià, dove assume l´incarico di direttore generale dell´hotel Melià Roma Aurelia Antica. Dopo due anni diventa quindi direttore operativo per Roma e per la Sardegna e, nel 2006, area manager della catena.
Numerosi, inoltre, sono i premi ottenuti da Noschese, tra cui il titolo di Professionista Solidus dell´anno nel 2005, il riconoscimento «Confindustria premia le eccellenze», l´anno successivo, e la certificazione White house communications, rilasciatagli dall´ambasciata americana nel 2007. Nel 2004 è stato, infine, insignito del titolo di cavaliere della repubblica, che ha anticipato la recente nomina a commendatore.

Identikit del gruppo

Con più di 300 hotel distribuiti in 26 paesi, situati in quattro differenti continenti (di cui tre in Italia), il gruppo Sol Melià è uno dei maggiori protagonisti della scena dell’ospitalità mondiale. Nel 2009, in particolare, la compagnia ha registrato un volume di ricavi complessivi pari a 1,148 miliardi di euro, con un ebitda (earnings before interest, taxes, depreciation and amortization) di 202 milioni di euro.
«E i nostri piani di espansione futura», racconta Noschese, «riguardano da vicino anche l’Italia. Nell’estate del 2011, per esempio, è prevista l’apertura di uno dei nostri progetti più interessanti: il Gran Melià Rome». Si tratta di un resort urbano 5 stelle lusso, con 100 camere e 16 suite, un’area wellness da 320 metri quadrati, spazi meeting per ulteriori 120 metri quadrati, due ristoranti interni e uno esterno, nonché due piscine, inserite in un parco di 7 mila metri quadrati, e un garage con 110 posti disponibili. «Nel 2013, poi», riprende Noschese, «contiamo di inaugurare anche il Melià Sciacca Sicily: una joint venture con Italia Turismo per una struttura da 400 camere. Ma guardiamo con grande attenzione anche ad altre destinazioni italiane, sia leisure sia business, da esplorare pure grazie al brand Tryp, recente oggetto di un’alleanza strategica tra noi e il Wyndham hotel group».

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